ISTITUTO SUPERIORE UNIVERSITARIO
di Scienze Psicopedagogiche e sociali “PROGETTO UOMO”
Anno Accademico 2016-17
Maricla Boggio
ESPRESSIONE TEATRALE
Sentirsi pioggia, nuvola, vento. Sentirsi foglia, uccello, alberto fronzuto. Sentirsi sopra un foglio gettando dalle mani il colore per dire il proprio cielo, o fiore, o mare…
Sentirsi suono che vibra nell’aria, diventare quel suono con tutto il corpo…
E poi finalmente far uscire la propria voce arricchita di creatività, dalle frasi quotidiane alla poesia, al TEATRO ripercorrendo il percorso creativo del poeta e dell’autore.
Per chi intenda sviluppare le proprie capacità di linguaggio e di espressività corporea questo corso induce ad aprirsi al mondo esterno attraverso una recuperata potenzialità interiore, nascosta, ignorata o repressa a causa di una adesione passiva agli stereotipi oggi di moda attraverso l’imitazione dei modelli televisivi e reclamizzati da internet ecc. che privano gli individui della loro caratteristiche specifiche.
Questo corso, pur breve rispetto alla necessità di affinare la propria sensibilità espressiva, è essenziale per operatori che lavorano nell’ambito della tossicodipendenza, dei ragazzi con problemi, degli anziani e nelle comunità terapeutiche e case famiglia in genere, per attivare in se stessi e poi nelle persone con cui si svolge il lavoro una maggior forza nell’esprimersi creativamente, arricchendo le proprie capacità di comunicare con gli altri, fino a raggiungere, dopo varie fasi intermedie, L’INTERPRETAZIONE TEATRALE.
Il metodo base su cui si fonda il corso è il METODO MIMICO messo a punto da Orazio Costa, maestro di generazioni di attori e registi attualmente impegnati in teatro e cinema.
Attraverso il metodo mimico si sono formati per generazioni attori dell’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio d’Amico” e della Scuola di Bari.
Esso non richiede particolari attitudini fisiche né memorizzazioni di tipo nozionistico, ma sollecita la persona ad esprimere quanto ha dentro di sé, sia che ne abbia consapevolezza sia che ignori la ricchezza espressiva che è in lui in quanto essere umano.
Specifico del metodo mimico è rendere PIÙ ESPRESSIVA LA GESTUALITÀ E LA VOCE, dalle forme più semplici del quotidiano alle interpretazioni teatrali.
Da tale accresciuta espressività si affronta LA POESIA, PARTENDO DALLA COMPOSIZIONE DEI VERSI e arrivando, attraverso la loro scrittura, ai sentimenti che li animano.
Il metodo sviluppa anche la PROPRIA CREATIVITÀ SUL PIANO PITTORICO. Il gesto si fa espressione del sentimento interiore, l’emozione si proietta sul foglio bianco imprimendogli ciò che la persona prova.
“L’istinto mimico è quella particolare attitudine spontanea dell’uomo a dare aspetto umano con il corpo e con la voce a un fenomeno o a un oggetto, animato o no; è un riflesso istintivo per cui di fronte a una realtà, esterna o interna, ci adeguiamo ad essa, tendendo ad assumere una forma fisica che ne è la trasposizione antropomorfica e impadronendoci del ritmo che le è proprio”.
L’UOMO SI IMMEDESIMA SPONTANEAMENTE NELLA REALTÀ; VIVERE SI PUÒ DIRE CHE SIA PROPRIO IMMEDESIMARSI.
Il metodo allena all’osservazione; affina la capacità di guardare e di vedere, di concentrarsi in un oggetto esterno, fino a quando questo oggetto diventi “interno” a noi e poi si “esprima” attraverso di noi.
In un gioco di alternanze fra assimilazione e differenziazione si costruisce l’identità del soggetto, la costruzione della sua personalità e l’estrinsecazione delle sue potenzialità artistiche.
Dai fenomeni visibili, dagli elementi naturali e dagli oggetti l’immedesimazione si trasferisce ai concetti, ai sentimenti, alle parole, fino alle forme dell’arte.
Il metodo è stato anche sperimentato con portatori di handicaps: attraverso la mimica si attiva un impulso al movimento mediante la parte creativa del cervello, che supplisce alla motorietà carente per la lesione del comando razionale.
La docente ha tenuto corsi incentrati sul metodo in comunità ed istituti a Roma, Torino e Palermo, all’Accademia nazionale di Danza, al Centro Sperimentale di Cinematografia ecc.
Si lavorerà attraverso figurazioni, espressioni gestuali e fonetiche: l’aria, l’acqua, il sole, le piante, i fiori, i colori, le onde, gli uccelli ecc. come sviluppo e liberazione della propria creatività per arrivare alla parola.
Si lavorerà ad imprimere con le mani immerse nei colori su grandi fogli-quadro la propria impressione di un albero o di una qualche altra forma osservata e scelta.
Se qualcuno suona uno strumento musicale, si lavorerà sui suoni “esprimendoli” con il corpo e poi con la voce.
Si tenterà, a seconda delle potenzialità degli allievi, di interpretare un personaggio in qualche battuta teatrale di forte espressività o una poesia di particolare suggestione, sia a livello singolo che coralmente.
Bibliografia: Filmati realizzati da Maricla Boggio insieme a Orazio Costa, per la RAI, che saranno visti insieme agli allievi.
Libri: Maricla Boggio,
Il corpo creativo – la parola e il gesto in Orazio Costa, Bulzoni ed., 2001;
Mistero e teatro – Orazio Costa, regia e pedagogia, Bulzoni ed., 2004.
Orazio Costa maestro di teatro, Bulzoni ed., 2007:
Orazio Costa prova Amleto, Bulzoni ed., 2008.
Nei primi tre libri, a seguire la parte teorica, è pubblicato un laboratorio tenuto dalla docente, che descrive lezione per lezione l’itinerario svolto.
Per chi possiede una cultura teatrale si consiglia di aggiungere alla bibliografia il quarto libro di Maricla Boggio, “Orazio Costa prova Amleto”, in cui il metodo si dispiega in tutta la sua potenzialità espressiva teatrale.
Nel sito di Maricla Boggio si possono vedere i filmati da lei realizzati sul metodo insieme al maestro Orazio Costa.
Sito: www.mariclaboggio.it
Temi di allieve dopo la frequentazione del corso
RIFLESSIONI PERSONALI SUL LABORATORIO DI ESPRESSIONE TEATRALE
TENUTO DALLA PROF.SSA MARICLA BOGGIO
DI ENRICA LENCI
MATRICOLA: 1234EP16
Quando ho saputo di essere stata inserita nel Laboratorio di Espressione Teatrale mi sono immediatamente entusiasmata all’idea di parteciparvi, non solo per via della mia passione per il teatro ma, soprattutto, per poter sperimentare tecniche espressive nuove da poter poi utilizzare coi bambini di cui mi occupo.
Da questo punto di vista avevo enormi aspettative, ma non immaginavo che questa esperienza sarebbe stata così coinvolgente sotto il profilo emotivo.
Si è trattato di un processo dinamico che, poco a poco, mi ha consentito, almeno per lo spazio dei sei incontri svolti, di liberarmi di quella maschera che, per ragioni professionali e anagrafiche, sono solita indossare.
Non nascondo di aver dovuto vincere non poche difficoltà iniziali, dovute soprattutto all’abitudine ad esercitare su me stessa un controllo che spesso mi conduce a perdere spontaneità e autenticità.
Non è facile per un adulto impadronirsi di nuovo dell’espressività immediata e istintiva del proprio corpo, di quella stessa naturalezza propria del bambino; si ha paura di mostrarsi in una veste inconsueta, si teme il ridicolo.
Io, solitamente così padrona della situazione, ho provato (ahimè!) grande imbarazzo al principio.
Poi, di ora in ora, di lezione in lezione, si è compiuta una vera magia.
Sono stata invitata ad entrare in uno spazio fuori dall’ordinario, dove ogni giudizio era sospeso, dove nessuno si aspettava che rispettassi un ruolo, dove anzi mi si chiedeva di svincolarmi da schemi e pregiudizi, per recuperare un contatto più autentico con me stessa. Ho capito che dovevo lasciarmi guidare in questo viaggio alla riscoperta della mia più intima capacità espressiva, acconsentendo a liberare le mie emozioni , per esprimere quei movimenti interiori che non avrei saputo spiegare a parole. Mi sono guardata dentro in un modo nuovo, stupendomi di poter attingere ad un universo di forme, suoni, colori a cui poi dar vita attraverso il corpo e la voce.
E’ stato stimolante ascoltare i suggerimenti del maestro Costa, e tentare di trovare una vocalità nuova per leggere, ad esempio, i versi dell’Infinito di Leopardi (cosa di cui, peraltro, avevo già discusso tante volte con mia madre, interrogandomi su quale dovesse essere il modo giusto per recitarli). Altrettanto sorprendente è stato poi ritrovarmi sola, in casa, dopo la lezione, intenta ad appropriarmi delle parole del poeta, dei “sovrumani silenzi” e della “profondissima quiete” del mio personale “ermo colle”.
E quanto divertimento nel volteggiare per gli spazi dell’Istituto insieme alle altre compagne, sentendomi/ci “ROSSO”, come se fossimo tante pennellate di colore da stendere nell’aria! Proprio riguardo all’atmosfera che si è creata nel gruppo classe, vorrei tentare di spiegare le mie sensazioni più profonde, perché anche l’aspetto relazionale di questa esperienza mi ha toccata non poco. Infatti, mentre in apertura di corso non avvertivo ancora una complicità con le colleghe, col trascorrere delle ore di lezione ho ravvisato in tutte un cambiamento, un’apertura, una sorta di espansione dell’anima che ha travolto le resistenze dei primi momenti, per soffiare in tutte noi un sentimento di fiducia, uno spirito di partecipazione, un brio condiviso.
Tutto questo ho avvertito quando siamo uscite all’aperto e ci siamo sentite alberi abbracciati dal sole, che si sono avvicinati per riunirsi in un bosco prospero e ospitale.
Altrettanto appagante è stato “sperimentarsi” nelle emozioni, liberando energia attraverso ogni fibra del proprio essere. Ammetto che, anche in questo caso, ho dovuto aprire a forza un varco nell’intricata foresta delle mie inibizioni, per conquistare un grido che esprimesse la mia rabbia, affinché io divenissi “RABBIA”, esplosa nei corridoi dell’IPU.
Allo stesso modo mi ha coinvolta la prova mimica de “La vita è sogno”, di Calderòn de la Barca, in cui sono nata uccello simile a un “piumoso fiore”, che si innalza come un ramoscello alato, per poi saettare libero nell’aria; e poi una fiera, animosa e sanguinaria, pronta ad artigliare la sua preda; dopodiché un pesce vivace che esplora l’abisso; quindi un esuberante ruscello che guizza tra i fiori; e, per finire, un vulcano esplosivo prossimo a rovesciare il suo magma.
Ho trovato affascinante anche l’attività pittorica, quel raccontarmi, “Pioggia”, su un foglio bianco, nell’immediatezza del gesto che si fa colore; quel rovesciarmi nelle tinte meno accese per essere, “Armonia”, sulla carta. In questa pratica viva e immediata, libera da condizionamenti e regole limitanti, i colori hanno preso la ‘forma’ delle mie vibrazioni interiori, ricontattando ed esprimendo una parte sconosciuta di me stessa.
Per tutte queste ragioni (forse esplicitate con troppa enfasi, perché enunciate sulla scia emotiva dell’esperienza da poco conclusa), sto già progettando di far provare ai bambini che seguo, quello che ho sperimentato durante questo laboratorio, convinta che un simile percorso possa promuovere lo sviluppo delle loro abilità corporee, vocali, immaginative e attentive, aiutandoli ad attenuare certe rigidità muscolari ed emotive.
Al termine di questa mia riflessione/confessione, posso concludere che il senso più rappresentativo di questa avventura lo riconduco all’aver ritrovato la consapevolezza di poter accedere all’inesauribile ricchezza del mio essere per poterla celebrare in tutte le sue sfumature e per aderire ad una visione di me, dell’altro e della natura, più inclusiva che, magicamente, mentre include si espande, moltiplicando e al tempo stesso definendo la mia identità. Grazie!
SILVIA ASSOGNA
Matricola 1227ep16
Questa esperienza è stata a dir poco sorprendente.
Durante le prime lezioni pensavo: “ma cosa stiamo facendo? Cos’è questa roba? A che cosa serve?”
Mi sentivo una scema. “ devo fare il vento? Ma stiamo scherzando! A cosa mi serve? E soprattutto, come si fa?
Con il passare del tempo, piano piano, ho iniziato a capire. Ero bloccata, bloccata nel comportamento rigido e corretto che mi chiede di tenere la società. Avevo in un certo senso smesso di essere bambina.
Avevo smesso di credere che infondo io potevo essere tutto ciò che volevo. Ecco cosa ho imparato da questa esperienza, che posso essere acqua, fuoco, nuvola, albero, pesce, ho imparato a sentire veramente dentro di me tutto ciò che percepisco attraverso i sensi. Una volta che ho imparato a sentire ed osservare attentamente, ho iniziato ad essere.
Non si tratta di fantasia, ma della forza che abbiamo dentro e delle nostre capacità per cui possiamo essere ciò che vogliamo. Prima guardavo le cose con una certa superficialità, invece ora ho imparato a soffermarmi e posso dire che molte volte vale davvero la pena. Le esperienze si caricano di significato e la sensazione che hai dentro ti fa sorridere occhi bocca e cuore.
Per esempio, dopo le prime lezioni sono stata a Recanati (per caso) ed ho visto il famoso “ermo colle” che a forza di leggere avevo quasi odiato!
Beh, il carico di emozioni e sensazioni che ho provato stando in quel posto è indescrivibile. Ripensavo ai versi letti in classe, alle sue parole (della prof) e per qualche istante mi è sembrato di poter vedere lì Leopardi e mi ripetevo le sue frasi nella mente. Ho provato nostalgia e un briciolo di tristezza, tutto quello che in classe mi era difficile capire. Infatti ad un certo punto il mio ragazzo mi fa :”che hai?” e io :”niente, stavo pensando alla poesia… L’Infinito, mi stavo immaginando Leopardi. .etc … e lui :”tu sei matta!!”
Ed io tra me e me dicevo :” ma che ne sa lui?! E come posso spiegare il carico di emozioni che ti da questa esperienza? Dovrebbe farla, tutti dovrebbero farla. Tutti dovrebbero imparare a sciogliersi dalle catene del “buon costume” che ci impone la società e sentirsi potenti e capaci di poter essere e poter provare ciò che si vuole senza doversene vergognare. Non è un percorso facile, e nemmeno breve, per quanto mi sia sciolta un po’ che avrei ancora tanto da vedere e sentire. Non dico imparare perché qui nono si tratta di imparare per esempio a fare l’albero, si tratta di sentirti albero, il tuo albero, quello che è dentro di te e che solo tu puoi essere.
Durante le ultime lezioni le emozioni sono cambiate, non ero più scettica e imbarazzata, mi sentivo libera, divertita e leggera. Dovrebbero promuovere di più questo tipo di laboratorio e in più ambiti. Si, con i bambini è molto utile e a loro risulterà sicuramente tutto più facile perché ancora non sono impigliati negli schemi della società, ma io lo vorrei far fare alle persone più grandi, adolescenti, adulti, e perché no, anche anziani (ovviamente nelle loro possibilità). Tutte le persone come me, abituate a dover seguire un determinato tipo di condotta, dovrebbero scoprire quanto ci si può sentire liberi e leggeri. Quanto sia carico di emozioni e sentimenti tutto ciò che ci circonda e quanto possiamo prendere da questo tutto.
Che poi capisci anche quanto sia più facile e soddisfacente rappresentare ciò che provi.
Ad esempio, quando abbiamo dovuto disegnare, la prima volta ho cercato di dare un’immagine somigliante alla realtà del fiore e del germoglio. A lavoro finito non ne ero soddisfatta.
La seconda volta, quando ho rappresentato la passione, non con gli occhi, ma con ciò che il mio corpo mi diceva, sono stata davvero fiera del risultato, era davvero quello che volevo rappresentare per come lo provavo.
Le emozioni sono state tante e contrastanti tra prima e dopo, anche quando dovevamo uscire dalla classe e immedesimarci in qualcosa, le prime volte mi sentivo una pazza ridicola, dopo no, dopo mi sentivo semplicemente un uccello! C’era un po’ di imbarazzo, ma non vergogna. Credo sia stata una delle esperienze più significative della mia vita, che mi ha davvero lasciato qualcosa di utile per me stessa, che mi ha insegnato a guardare come i miei occhi possono guardare, come le mie orecchie possono sentire, e muovermi come il mio corpo può muoversi e non come si “dovrebbe”.
Quindi posso dire che se posso essere vento, posso essere tutto quello che voglio!
Concludo ringraziandola, ed anche se all’inizio è stato difficile avvicinarci, posso dirle che è stato altrettanto difficile lasciarci.