LA COMMEDIA DI GAETANACCIO

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di Luigi Magni

musiche originali Gigi Proietti Piero Pintucci Luigi Magni

con Giorgio Tirabassi e Carlotta Proietti

e

Carlo Ragone Elisabetta De Vito

Daniele Parisi Marco Blanchi Enrico Ottaviano

Matteo Milani Piero Rebora Martin Loberto Viviana Simone

Musicisti in scena

Massimo Fedeli Diego Bettazzi

Stefano Ratchev Claudio Scimia

Costumi e burattini Santuzza Calì

Scene Fabiana Di Marco

Light designer Umile Vainieri

Sound designer Manuele Terralavoro

Vocal Coach Maestro Massimo Fedeli

Coreografie Ilaria Amaldi

Regia Giancarlo Fares

Teatro Eliseo, Roma, 22 febbraio 2019

Maricla Boggio

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LA CENA DELLE BELVE

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di Vahé Katchà

elaborazione drammaturgica Julien Sibre

traduttore e adattatore Vincenzo Cerami

scene Carlo De Marino

coatumi Francesca Brunori

disegno luci Giuseppe Filipponio

direzione tecnica Stefano Orsini

disegni animati e proiezioni

regia associata Julien Sibre e Virginia Acqua

con

Marianella Bargilli Francesco Bonomo Maurizio Donadoni

Ralph Palka Gianluca Ramazzotti

Ruben Rigillo Emanuele Salce Silvia Siravo

Produzione Gianluca Ramazzotti per Ginevra Medium Production

Centro D’Arte Contemporanea Teatro Carcano

in collaborazione con 51° Festival di Borgio Verezzi

Roma, Teatro Quirino 19.2.19

Maricla Boggio

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I FRATELLI KARAMAZOV

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di Fëdor Dostoaevskij

versione teatrale di Glauco Mauri e Matteo Tarasco

con Glauco Mauri e Roberto Sturno

e

Paolo Lorimer Pavel Zelinskiy Luca Terracciano

Laurence Mazzoni Giulia Galiani Alice Giroldini

scene Francesco Ghisu

costumi Chiara Aversano

musiche Giovanni Zappalorto

luci Alberto Biondi

regia Matteo Tarasco

Roma, Teatro Eliseo, 8 febbraio 2019

Maricla Boggio

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La recensione di:

MAURILIO DI STEFANO

D’ANNUNZIO MONDANO – TEATRO SPAZIO 18/B

Un’ora di gustosissimo teatro che scorre via leggera e spassosa. La Compagnia dei Masnadieri presenta al Teatro Spazio 18b “D’Annunzio Mondano”, opera in atto unico di Maricla Boggio per la regia (e non solo) di Jacopo Bezzi.
Sebbene il testo non faccia mai riferimento diretto al Vate, Massimo Roberto Beato veste in prossimità della ‘zona sosia’ i panni di Gabriele D’Annunzio. Attorno a lui, che è il tratto costante della rappresentazione insieme all’elegante salotto fine-ottocentesco che costituisce la scena, si alternano con abile trasformismo e versatilità gli altri tre attori, Elisa Rocca, Alberto Melone e Sofia Chiappini.
Nelle prime battute lo spettatore è tirato dentro con delicatezza, quasi per mano, da un’atmosfera sospesa e lirica in pieno stile dannunziano. Poi però, grazie a un virare così graduale e fluido che neppure si percepisce, i ritmi si fanno via via più serrati e brillanti, finché dai primi sorrisi si passa al puro godimento e si arriva alla sonora risata di gusto, di fronte a gag comiche in cui entrano in gioco tanto la fisicità degli attori quanto l’ingranaggio irriverente del testo.
In una serie di scene accostate con cura, ci viene presentato un poeta quasi inedito. Nel senso che la sua epoca rivive in scena in abiti leggeri, elegantemente ironici, al contrario del tono sublime e del travolgente afflato poetico che spesso e volentieri siamo abituati ad associare a D’Annunzio come unici attributi possibili.
La decadenza e i difetti della fine del XIX secolo vengono derisi senza crudeltà, anzi con raffinatezza, persino con affetto. La noia a cui portano gli obblighi della vita mondana e la superficialità di una certa aristocrazia vengono raccontate attraverso vedove con il fuoco vivo a scorrere nelle vene, ragazze dai modi insopportabili e splendidi giochi di equivoci dovuti alle bugie raccontate nelle lettere che sono sorprendentemente simili alle tragiche conseguenze degli appuntamenti al buio o rimediati online in questo nostro terzo millennio.
Un testo dunque attuale al di là del periodo storico in cui è inquadrato – cifra distintiva questa anche di altri lavori di Maricla Boggio – insaporito da una performance attoriale veloce, variopinta, variegata, sopra le righe di quel tanto che basta a garantire il divertimento del pubblico in sala.
Grazie agli eleganti costumi e all’intervento essenziale delle poche musiche, si viene trasportati per un’ora in una Roma di fine Ottocento che con i suoi vizi e le sue debolezze non è affatto diversa dal mondo che abbiamo davanti ai nostri occhi ancora oggi.
Un teatro insomma che ci sentiamo davvero di consigliare. Ne vale la pena anche solo per la variopinta sorpresa, attorno a metà dell’atto, di quella matrona dalle forme generose e dai modi esuberanti che gestisce una casa d’appuntamenti.
Ricordiamo che la Compagnia dei Masnadieri è in replica fino al 17 febbraio nell’ambiente accogliente e del tutto particolare dello Spazio18B. Un posto piccolo e curato, nel cuore di uno dei tanti angoli di Roma che hanno fame di rivalutazione, che offre una programmazione di ottimo livello culturale ricca però di spensierato intrattenimento, che non guasta mai.
Per chi non lo conoscesse, è chiaro, questo ‘D’Annunzio Mondano’ è di sicuro l’occasione giusta. Perché, il gioco di parole qui è praticamente inevitabile, si tratta di un’opera che è un vero “piacere”.

Post

6 Febbraio 2019

D’ANNUNZIO MONDANO

per gentile concessione di

Saltinaria

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IL D’ANNUNZIO MONDANO DI MARICLA BOGGIO

Articolo di Enrico Bernard

Che Pirandello non gradisse più di tanto D’Annunzio è cosa nota. Meschine rivalità autoriali, certo, ma anche una diversità di caratteri che sfociava nel rovello interiore in Luigi e in prosopopea lirica in Gabriele. Una diatriba dunque non solo dovuta a basse beghe di pollaio,  ma  anche ad una  questione di linguaggio e, conseguentemente,  al modo di come  rappresentare e criticare la società del tempo.   Celebre è  del resto la recensione di Pirandello (del 13 febbraio 1898 in Ariel)  a “La città morta”  in cui si legge che D’Annunzio “mettendosi a scrivere per il teatro, ha sentito innanzi tutto il bisogno di saltare agli occhi, di stordire con la straordinarietà dei proponimenti e del linguaggio”.

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