ANIMALI DA BAR

ANIMALI DA BAR foto di Laila Pozzo 2G2C5004 MEDIA 2G2C5004-Edit

uno spettacolo di Carrozzeria Orfeo

drammaturgia di Gabriele Di Luca

premio Hystrio Twister 2016

con Beatrice Schiros – Mirka

Gabriele Di Luca – Milo Cerruti

Colpo di Frusta – Massimiliano Setti

Swarovski – Pier Luigi Pasino

Sciacallo – Paolo Livolsi

Voce fuori campo – Alessandro Haber

Musiche originali – Massimiliano Setti

Progettazione scene – Maria Spazzi

Costumi – Erika Carretta

Luci – Giovanni Berti

Regia – Alessandro Tedeschi, Gabriele Di Luca, Massimiliano Setti

Foto di Laila Pozzo

Roma, Piccolo Eliseo, 10 gennaio 2017

Maricla Boggio

Compatto, nel microcosmo di un bar di periferia, rifugio di anime perse e sbandate alla ricerca di un motivo per sopravvivere, “Animali da bar” sembra continuare il racconto del nostro universo globale e frantumato che appariva nel precedente spettacolo del gruppo Carrozzeria Orfeo, “Thanks for vaselina”, da me recensito nel maggio del 2016: una sorta di solidità da tragedia greca, dove sono rispettate le unità di luogo e di azione, mentre il tempo si disfa ma per poco, apparendo l’intera rappresentazione come un continuum nel quale si agitano in sofferenza infernale cinque esseri non più negativi di altri, non più infelici, forse più sensibili e quindi più soggetti ad accusare i colpi dell’esistenza. Ma la tragedia oggi è impossibile, almeno è difficile, e ogni evento distruttivo viene accolto sotto l’aspetto del riso, della denigrazione, del rifiuto a cui si fornisce un linguaggio immerso nella violenza e nell’esasperazione sessuale e svilente come reazione all’insopportabilità quotidiana.

La denuncia del proprio squallore, mascherato dietro motivazioni varie, si scontra con una forte opposizione, apparentemente omogenea alla negatività dei quattro avventori: è Mirka, la donna che gestisce il bar e riceve confidenze e richieste di aiuto, o semplicemente è oggetto dei discorsi di chi frequenta il luogo. Mirka ha già fatto sette figli su commissione e sta facendone un altro, per uno dei clienti del bar,  un mite giovane la cui moglie importante ha chiesto di ingravidare la donna per avere un figlio senza impegnarvici, e per di più maltratta il marito, causandogli addirittura una lesione al collo, per questo l’uomo viene chiamato “Colpo di Frusta” (l’attore Massimiliano Setti, con capacità di sfumature impercettibili per delineare gradualmente il suo sorprendente personaggio).

Il racconto dello spettacolo risulta difficile per i tanti avvenimenti che vi si accumulano, dal comportamento bipolare di “Sciacallo” – di sensibile espressività, capace di mutamenti formidabili, Paolo Livolsi – , un giorno atonico e in preda a istinti suicidi, un altro  esaltato al punto di manovrare una sega elettrica intorno a sé ponendo a rischio i compagni; e poi c’è  Milo, l’illuso di grandi guadagni che gestisce un’aziendina per cremare piccoli animali, e si incocaina per sostenersi nell’ottimistica speranza di un futuro miliardario: impersonato da Gabriele Di Luca con soavi astrazioni e anche autore della originale drammaturgia, ne firma la regia assieme a Massimiliano Setti e a Alessandro Tedeschi, l’unico a non interpretare un ruolo attorale. Completa il gruppo Swarovski – Pier Luigi Pasino, che per tutto lo spettacolo se ne sta seduto a un tavolino del bar, intento a scrivere, per un suo editore, una storia della prima guerra mondiale: una sorta di coscienza critica a rovescio, per tutta la durata della rappresentazione, ché il suo sguardo attento ironizza e denigra gli altri avventori, tuttavia penetrandone i comportamenti e alla fine recuperandoli umanamente, in un tentativo di portarli alla consapevolezza di sé.

Come un dio degradato, dall’alto si avverte a tratti, quando Mirka è sola, la voce del  vecchio proprietario del bar, un malato che vorrebbe farla finita e chiede aiuto alla donna, ma al tempo stesso non rinuncia a un piacere che le chiede, di sesso lubrico, prima della morte: la pesantezza disperata del personaggio ben si staglia attraverso la voce di Alessandro Haber.

E’ alla fine che lo scrittore, un po’ come il narratore di “Zoo di vetro” di Tennessee Williams, ricapitola gli avvenimenti che all’inizio erano stati accennati in una scena fulminea, che tornerà poi alla conclusione, dove Mirka urla in preda alle doglie con intorno i quattro avventori, e impreca contro quel bambino che dovrebbe nascere e che, da quanto ci racconta poi lo scrittore, non nascerà. E’, la sua, una riflessione che riporta all’amaro della realtà più brutale le illusioni e le speranze affiorate qua e là nel contesto. come la scena, bellissima e toccante, delicata al limite della commozione, in cui Mirka e “Colpo di Frusta” si incontrano per una cena in cui sembrerebbe che scaturisse un amore, nonostante la timidezza morbosa di lui e la crudezza comportamentale di lei, sotto cui si cela una generosa capacità di amare e un forte desiderio di credere in quei valori che parevano cancellati dalla sua vita: Beatrice Skiros fa mostra di una sensibilità di alto livello attraverso una recitazione tesa, essenziale. Ma è un attimo, in cui si isola illusoriamente  un sogno, e la durezza della realtà, riportata a galla dal racconto di Swarovski, conclude lo spettacolo: lo scrittore non scriverà l’inutile ennesima storia della prima guerra mondiale, ma racconterà la nostra storia, e le sue contrastanti espressioni di crisi e di dolore.

La libertà creativa in cui si articola la successione delle scene  e la capacità di tener dietro ad ogni  sviluppo, in cui si alternano calibrandosi momenti tragici e momenti comici o grotteschi è di notevole presa. Bravissimi tutti, ciascuno con una sua personalità, che rimanendo intatta si rende omogenea al gruppo.