di Giuseppe Patroni Griffi
scene Alessandro Chiti
costumi Valter Azzini
regia di Kaspar Capparoni
con Kaspar Capparoni, Laura Lattuada
Carlo Caprioli, Clara Galante
Edoardo Purgatori
Roma, Teatro Off/Off
19 gennaio 2024
Maricla Boggio
di Giuseppe Patroni Griffi
scene Alessandro Chiti
costumi Valter Azzini
regia di Kaspar Capparoni
con Kaspar Capparoni, Laura Lattuada
Carlo Caprioli, Clara Galante
Edoardo Purgatori
Roma, Teatro Off/Off
19 gennaio 2024
Maricla Boggio
di Federico Fellini, Tonino Guerra, Tullio Pinelli
adattamento e regia Monica Guerritore
e con Alessandro Di Somma, Mara Gentile, Nicolò Giacaleone,
Francesco Godina, Diego Migeni, Lucilla Mininno,Valentina Morini, Claudio Vanni
scenografia Maria Grazia Iovine
costumi Walter Azzini
coreografie Alberto Canestro
light Design Pietro Sperduti
direttore allestimento Andrea Sorbera
Teatro della Toscana, Società per attori,
Accademia Perduta Romagna
Roma, Teatro Quirino
16 gennaio 2024
Maricla Boggio
da La casa dei nomi di Colm Tòibin
adattamento e regia Roberto Andò
con Isabella Ragonese, Ivan Alovisio, Arianna Becheroni
Denis Fasolo, Katia Gargano, Federico Lima Roque
Cristina Parku, Anita Serafini
coro Luca De Santis, Eleonora Fardella, Sara Lupoli
Paolo Rosini, Antonio Turco
scene luci Gianni Carluccicostumi Daniela Cermigliaro
musiche e direzione del coro Pasquale Scialò
suono Hubert Westkemper
coreografie Luna Cenere
trucco Vincenzo Cucchiara
produzione Teatro di Napoli – Teatro Nazionale
Campania Teatro Festival – Fondazione Campania dei Festival
Teatro Argentina, Roma, 12.1.24
Maricla Boggio
di David Mamet
con
Duccio Camerini Edoardo Sani Lorenzo Rossi Marcello La Bella
regia di Duccio Camerini
Produzione La fabbrica dell’attore Coop. Soc.
Roma, Teatro Off/Off
3 gennaio 2024
Maricla Boggio
di Lev Tolstoj
adattamento Gianni Garrera e Luca De Fusco
con
Galatea Ranzi, Giacinto Palmarini, Stefano Santospago,
Paolo Serra, Mersila Sokoli, Irene Tetto, Francesco Biscione,
Debora Bernardi, Giovanna Mangiù
scene e costumi Marta Crisolini Malatesta
luci Gigi Saccomandi
musiche Ran Bagno
proiezioni Alessandro Papa
coreografie Alessandra Panzavolta
regia Luca De Fusco
Teatro Stabile di Catania, Teatro Biondo Stabile di Palermo
Roma, Teatro Quirino 12 dicembre 2023
Maricla Boggio
La storia esemplare di Anna Karenina nobildonna russa di quasi due secoli fa, nella drammaturgia di Luca De Fusco diventa senza sforzi emblematica di sentimenti, passioni, pentimenti e pensieri dell’oggi.
A utilizzare una “tecnica mista” fra l’interpretazione dei personaggi e l’enunciazione delle loro azioni o dei loro pensieri tenendo in mano lo svolgimento complessivo del complesso romanzo, Luca De Fusco consente all’intera narrazione di mostrarsi con evidenza allo spettatore immedesimandolo nella vicenda.
Oltre alla duplice narrazione drammaturgica e letteraria, con volute sottolineature dell’interiorità dei personaggi, in contraddizione con l’enunciazione verbale delle loro azioni, De Fusco si avvale, come è sua preferita caratteristica sperimentata più volte in altri spettacoli, di proiezioni sia a colori che in bianco e nero. Splendida è l’introduzione del ballo a cui partecipa, appena arrivata in treno alla casa del fratello – Stefano Santospago -, Anna Karenina – Galatea Ranzi -: in questo volteggiare di mazurche avviene l’incontro fatale con il soldato Vronskij – Giacinto Palmarini -, che in quell’attimo prende entrambi in una passione travolgente, che supererà ogni perbenismo, ogni costrizione di coppia, ogni giudizio negativo di quella società a cui l’idea del tradimento ripugna impedendo qualunque riparazione compreso l’odiato divorzio. Ciò che rende attuale la pur datata vicenda – che tale deve rimanere nella rappresentazione per risultare credibile – è l’interiorità dei personaggi, quel loro appellarsi al perdono, al richiamo a Dio, ai valori familistici declamati e contraddetti nella propria interiorità, mentre la società procede impavida vantando la sua efficienza e rifiutando ogni cambiamento voluto dai sentimenti. I quali sentimenti – ed ecco un elemento del tutto moderno – dal momento in cui sono dettati dalla passione a quando la passione è sfogata nel desiderio appagato, spariscono come nebbia al sole, diventano un peso noioso alla propria libertà, e diventa una necessità fingere la durata nella passione e nella volontà di perdono. Ciò che importa è l’apparenza, e Luca De Fusco con grande perizia si avvale anche qui, oltre che di una recitazione incisiva e dimostrativa di tutti i personaggi, di una interpretazione quanto mai epica da parte di Galatea Ranzi che in particolare nel monologo che conclude il testo con la sua morte sotto il treno, denuncia i soprusi della società in cui è costretta a vivere, non riuscendo più a sopportare la finzione a cui questa società la costringe. In questo monologo appare ingigantita da un suggestivo primo piano in bianco e nero, Anna – Galatea che soffre la sua condizione a cui non può più aderire, fino alla tragica conclusione. E qui, in un silenzio assordante, si chiude in senso quasi religioso la storia di Anna. Pare che Tolstoj avesse letto in un giornale di una giovane che si era buttata sotto il treno per la disperazione di una vita sciagurata. Da quello spunto il grande artista aveva ricavato la storia. Ecco come si può, anche da un fatto di cronaca, creare un capolavoro, purché ci sia l’artista che sa scriverlo. Condotta con mano leggera da Luca De Fusco e scandita da scene episodiche, la rappresentazione avvince gli spettatori annullandone la lunghezza attraverso l’intero spettacolo.
di Eugène Labiche
regia di Andrée Ruth Shammah
traduzione di Andrée Ruth Shammah e Giorgio Melazzi
con Massimo Dapporto Antonello Fassari Susanna Marcomeni
e Marco Balbi Andrea Soffiantini Christian Pradella
musiche Alessandro Nidi
Scene Margherita Palli
costumi Nicoletta Ceccolini
luci Camilla Piccioni
Roma, 6 dicembre 2023
Teatro Ambra Jovinelli
Maricla Boggio
di Giovanni Scifoni
musiche Luciano di Giandomenico
strumenti antichi
Luciano di Giandomenico, Maurizio Picchio’, Stefano Carloncelli
regia Francesco Ferdinando Brandi
Roma, teatro Sala Umberto
5 dicembre 2023
Maricla Boggio
È un’indubbia simpatia quella che si sprigiona da Giovanni Scifoni, protagonista di questa rivisitazione del personaggio di San Francesco che si autopresenta dalle origini di cantastorie, per poi passare alla fase della rinuncia ai beni materiali, e alla richiesta a Dio di una sua volontà di avere una funzione nella sua esistenza. L’idea della povertà percorre le scelte del giovane a cui fanno da cornice altri compagni alla ricerca di una ragione di vita rispetto a un mondo corrotto alla inutile ricerca di beni materiali. La chiave di questa ricerca è un tipo di recitazione un po’ romanesca, che ricorda nel linguaggio e negli atteggiamenti una sorta di Proietti fresco e spontaneo, al punto di ignorare uno stile espressivo e di calcare il suo dialogo con il pubblico insistendo con le battute anche le più corrive, di quelle che gli spettatori, fittissimi in sala, prendono al volo per farsi una risata e applaudire freneticamente. La simpatia che provoca Scifoni negli spettatori è di quelle che possono farne un protagonista di uno di quei music hall di moda da decenni, e pare che egli sia popolare in questo genere di rappresentazioni. Noi che non lo abbiamo mai visto gli consigliamo di salire un gradino alla preparazione del suo monologo, sia nei gesti che nelle battute, e glielo diciamo proprio perché, tirando fuori da sé le sue qualità, può diventare un vero primattore, educandosi ai gesti e alla tenuta del testo.
Detto ciò, possiamo condividerne le scelte tematiche, che gli consentono l’adesione del pubblico nei temi della povertà, delle regole dei frati suoi seguaci, del Cantico delle creature che egli interpreta con concentrata e convinta passione. Le musiche rallegrano con scelte raffinate, di antichi accompagnamenti di corte, alcuni momenti con autentica grazia. E il pubblico non si preoccupa di quello che noi critichiamo, segue la storia di questo santo di profonda adesione popolare e applaude convinto.
liberamente ispirato e tratto dagli scritti di Sigmund Freud
di e con Stefano Massini
scene Marco Rossi
luci Alfredo Piras
opere pittoriche Walter Sardonini
musiche Enrico Fink
eseguite da
trombone e tastiere Saverio Zacchei
chitarre Damiano Terzoni
violino Rachele Innocenti
contributo in voce e video Luisa Cattaneo
costumi e maschere Elena Bianchini
produzione Teatro Stabile di Bolzano, Fondazione Teatro Stabile della Toscana, Teatro di Roma – Teatro Nazionale
in collaborazione con il Piccolo Teatro di Milano – Teatro D’Europa
Stefano Massini con il suo spettacolo ci offre il Freud drammaturgico.
Con l’interpretazioni dei sogni nasce la psicoanalisi, la tecnica che permette all’uomo a entrare in contatto con il mondo interiore, alla scoperta dell’uomo selvaggio o il bambino che è rimasto rinchiuso dentro di noi. Il sogno permette di accogliere questo straniero e dare spazio a un linguaggio che sembrava sepolto dalle convenzioni sociali. Massini racconta questa scoperta di Freud con il suo stile , in quasi due ore, il silenzio della sala per capire un testo che è un lavoro drammaturgico, ogni sera va in scena il nostro mondo interiore. I casi che Freud presenta, e Massini riprende i casi presentati da Freud e sintetizzati dalle immagini che si vedono di sfondo e con la musica del lamento iddi sh: scorrono quei comportamenti bizzarri, racconti di sogni, che ci rimandano a un universo che ogni notte cerca di venir fuori, con la sua carica di angoscia, di terrore. Massini attraverso Freud affronta le paure di oggi, la guerra, lo straniero, che sono sempre a minacciare la fragile struttura dell’io. L’attore ricorda un antropologo che ha influito in alcuni delle intuizioni dello psicoanalista, Frazer del Ramo d’oro che appare nel 1890. Il tema fondante si sviluppa intorno alle diverse maschere che l’uomo indossa per presentarsi in società. Ma dietro la maschera sociale vengono fuori le rappresentazioni di figure metà umane e metà animali, il cane, il bue, che mettono in contatto i diversi livelli del nostro essere in società. Recuperare i sogni per indagare sulle nostre paure odierne, che si sono ampliate con le guerre, la peste, l’incertezza del tempo presente. L’altro elemento che Massini mette in risalto riguarda il bambino messo a tacere, ovvero il gioco che in nome della Civiltà l’uomo ha dovuto sacrificare. Il teatro ha questo compito, di poter recuperare il gioco infantile per affrontare in questo modo le paure ancestrali. Come si era, come si era quando si era piccoli. Inoltre la psicoanalisi, e Massini lo ricorda, studia le strategie del potere che per parlare di un argomento spostano il tema su di un altro, riassunto nella frase “per parlare di Prussia si parla della Cina”, come gli aveva indicato un consigliere austriaco, il politico che aveva ascoltato in un comizio. Massini svolge il suo lungo monologo al centro del palcoscenico dove campeggia un enorme occhio: è da questo occhio che il bambino insiste che Freud spia ciò che vede all’interno della testa delle persone: è una metafora che intuisce ll’inconscio. Pubblicato nel 900, “L’interpretazione dei sogni apre un mondo inesplorato; Freud vi scrive i casi che via via ritiene più significativi nel suo lavoro, fino ad arrivare a citare il caso di una sua paziente, Irene, impaurita dal timore della morte, che lei affronta ogni tre giorni. Freud risale a quella paura, riuscirà a sciogliere il motivo di quel ripetersi angosciante , allevierà se non guarendo del tutto la sua paziente e da allora lavorerà sui sogni dei suoi pazienti. Con coraggio e tenacia Massini ha messo a disposizione della sua lunga passione per il libro questa trasposizione teatrale, regalando agli spettatori una interpretazione che ha richiesto anni di lavoro per essere trasferita a un pubblico non consapevole una parte inconscia i sé. Gli sono di aiuto nella suggestione del racconto i tre musicisti Saverio Zacchei trombone e tastiere, Damiano Terzoni chitarre, e Rachele Innocenti violini, con la suggestiva scena di Marco Rossi e i costumi e le maschere di Elena Bianchini.
Come a una seduta psicoanalitica, gli spettatori concentrati e attenti hanno partecipato al dialogo con Massini, applaudendolo ripetutamente.
di Fiamma Satta
con Melania Giglio
regia di Daniele Salvo
Roma, Teatro Off/Off
24 novembre 2023
Maricla Boggio
uno spettacolo di lacasadargilla
parole di Caterina Carpio, Tania Garribba
Emiliano Masala, Giulia Mazzarino, Francesco Villano
drammaturgia del testo Fabrizio Sinisi
regia Lisa Ferlazzo Natoli e Alessandro Ferroni
produzione Emilia Romagna Teatro ERT/
Teatro Nazionale, Teatro di Roma-Teatro Nazionale,
Teatro Metastasio di Prato
in collaborazione con lacasadargilla
Roma, Teatro Argentina, 23.11.23
Maricla Boggio