AUTOBIOGRAFIA EROTICA

Autobiografia erotica DSC_3374 (1) Foto Ladogana MEDIA

di Domenico Starnone

con

Vanessa Scalera Pier Giorgio Bellocchio

regia Andrea De Rosa

Produzione Cardellino srl

Roma, Piccolo Eliseo, 3 maggio 2019

Maricla Boggio

Domenico Starnone ha tratto il testo teatrale “Autobiografia erotica” dal suo libro avendo in mente con esattezza il motivo del linguaggio prescelto.

L’oscenità è la spinta a rivelarsi a entrambi da parte dei due protagonisti, che si incontrano, attraverso un invito di lei – Mariella – in una chat a un lui – Aristide –dalla donna rintracciato, dopo vent’anni da un incontro fra i due, di poche ore, forse proprio per quel nome insolito. Perché la donna abbia voluto questo incontro, dopo un tempo così ampio, non si sa per tutta la durata dell’incontro.

Seduti uno in faccia all’altro con in mezzo un tavolo rettangolare, i due si fronteggiano con un differente stato d’animo. Lui non ricorda niente di quell’incontro, in uno studio da avvocato, suscitato da una richiesta di una sconosciuta, che aveva scritto un libro, con la speranza di riuscire a pubblicarlo attraverso di lui, piccolo funzionario di un editore alla ricerca di fortuna.

È lei, Mariella,  in quell’occasione a provocare l’altro a un incontro erotico; adesso gliene rammenta le fasi che lui ha in pratica cancellato dalla memoria e, sollecitato,  ne tenta qualche frammento, mentre lei  contraddice quei ricordi che non combaciano con quanto davvero è avvenuto; a lungo si descrive nella ricerca del piacere, anche solitario, e infine, quasi facendo scomparire quella frase, di sé dice che allora era vergine.

A tratti, quasi come un disturbo, si avverte un suono che proviene da lontano; una voce si alza lamentosa e grida come in preda alla disperazione, ma Mariella rassicura Aristide, è un’amica che con certezza non verrà dove sono loro due.

Figa e cazzo sono linguisticamente le parole che più si susseguono in un’alternanza condotta con abilità da Starnone, integrando i due termini con descrizioni della evoluzione fisiologica dei due nel procedere verso una fase conclusiva.

L’autore mantiene il ritmo del duetto con sapiente dosaggio di momenti presenti e di evanescenti ricordi in un rapporto insistito dalla donna come avvenuto, dall’uomo sfuggendo quasi a un’ammissione in cui si sente colpevole. Beffardo e inquisitore il personaggio di Mariella è giocato con disinvolta aderenza da Vanessa Scalera, che sembra non essere toccata dall’oscenità che pervade spesso le sue inquisitorie domande, come protetta da una corazza che, si capirà nell’ultimo istante della rappresentazione, si è imposta per sopravvivere.

Il dialogo procede con la crudezza di un linguaggio rivolto a provocare Aristide non solo nel ricordare quelle poche ore in cui allora si è profilato un rapporto, ma a portare adesso quel lui così smemorato a un altro rapporto, a una presente visione di quell’organo femminile tanto attraente al punto da far sgorgare da lui vent’anni prima quel seme che ne aveva denunciato il piacere raggiunto.

Sotto l’incalzare delle domande provocatorie di Mariella, finalmente Aristide scatena dal profondo dimenticato di sé quello che aveva provato di fronte alla donna ormai lasciata nello studio da avvocato, per un caso ripresa sulla soglia, a imporsi a un lui vinto che non vede altro che penetrarla e goderne.  Prova notevole di intensità e di padronanza di un linguaggio rischioso, quella di Pier Giorgio Bellocchio, che supera il realismo della situazione attraverso una sorta di sublimazione espressiva.

E quando Mariella si getta sul tavolo a gambe aperte, le mutandine a terra, per mostrargli quel così provocante elemento femminile, emerge da lei una frase che è una rivelazione.

Sono passati vent’anni da quell’unico incontro dimenticato, ma il seme uscito da Aristide non è caduto tutto quanto a terra. La conseguenza è in quel grido lontano che si ripete come a chiedere pietà, e rimane un mistero a concludere la rappresentazione. Vero colpo di scena, inquietante quanto foriero di sofferenze sconosciute e portatrici di un dramma che riscatta il linguaggio erotico verso una dolente, segreta, umanità.