COMUNISMO ADDIO?

Versione 2

scritto e diretto da

Stefania Porrino

con

Nunzia Greco, Evelina Nazzari,

Alessandro Pala Griesche, Carla Kaamini Caretti

e con la partecipazione di Giulio Farnese

alla chitarra Giuseppe Pestillo

scene e costumi Antonio Vulpiani

video Valerio Ziccanu Chessa

luci Paolo Orlandelli

Roma, Teatro di Documenti, 26.10.17

Maricla Boggio

In una proiezione metaforica di sé, Stefania Porrino si racconta, attraverso la giovane donna – Stefania – che, durante una crociera sulla Dniepr visita l’Ucraina a distanza di anni dal periodo caldo di un comunismo ormai scomparso negli ideali a cui da ragazza la protagonista aveva creduto, aderendo con entusiasmo a un progetto di rinnovamento sociale ispirato all’Unione Sovietica. E lo spazio creato scenograficamente nel centro della sala, in forma di una nave – Antonio Vulpiani scenografo –

,  immerge il racconto in un’atmosfera di realismo simbolico.

Scritto con passione drammaturgica e volontà di raccontare con distacco un periodo intenso della sua esistenza, il testo di Stefania Porrino ha vinto il Premio Donne e Teatro 2007 con una motivazione autorevole firmata da Franca Angelini presidente della Giuria: “Il tema, noto al nostro cinema, ma inedito nella drammaturgia italiana, è trattato con grande leggerezza e senza eccessi di sovraccarichi narrativi. Agili i dialoghi, notevoli le psicologie dei personaggi. Copione di ampio respiro.”

Questo ampio respiro lo si avverte nella libertà intellettuale, arricchita dalla capacità di dialogare, che Stefania – “double” dell’autrice – esprime attraverso le lettere che invia ogni giorno, dalla nave su cui sta facendo una crociera, a un cugino rimasto in Italia, con cui ha condiviso, fin dagli anni del liceo, i sogni di un progetto esistenziale fondato su di una maggior giustizia sociale.

I compagni di viaggio appartengono a una borghesia che si contenta di private agiatezze e cade spesso in banalità. Lei se ne distacca rimanendo spesso appartata, consapevole di non condividere la propria concezione della vita con quella coppia di turisti di mezza età – lui – interpretato da un ironico Alessandro Pala Gresche – sempre in cerca di avventure insidiando la cameriera e raccontando barzellette spinte, lei – Carla Kaamini Caretti,anche assistente alla regia –  citando spesso la sua esemplare educazione dalle suore Orsoline – e quel signore scherzoso – Giulio Farnese generoso di invenzioni sul suo personaggio – la cui moglie, costretta a casa per un infortunio della madre, non fa che sorvegliarlo attraverso il cellulare.

C’è però Lidija – una intensa Nunzia Greco dalla dolcezza calata in una sopportazione indomita , la guida che accompagna i turisti, una donna di origine tartara, colta e sensibile, con cui Stefania fa amicizia. È attraverso i suoi racconti, di vittima delle persecuzioni staliniane, che la protagonista si rende conto di quante illusioni si sia fatta circa il progetto esistenziale di stampo comunista, quanti orrori abbia ignorato di quegli anni in cui il suo entusiasmo di giovane militante – distribuiva l’Unità e frequentava la sezione -, andando poi a messa alla domenica mattina da buona catto-comunista, come allora si diceva, la illudeva di contribuire a un cambiamento epocale. Lidija racconta a Stefania le sofferenze patite, lei, sua madre, la nonna, ma anche il mondo magico della sua terra, e i luoghi arcaici dove ancora esistevano gli harem. Tra le due donne si crea un rapporto di amicizia, di solidarietà. E nonostante la delusione per un progetto che ha tradito la sua fiducia, Stefania si sente ancora di sinistra, confrontandosi con la banalità egoistica e insulsa dei suoi compagni di viaggio, e sente di credere ancora in quegli ideali che hanno mantenuto il loro valore nonostante tutto. Assai suggestivi alcuni momenti del testo nella sua chiave di ricordo del passato. Evelina Nazzari – una Stefania dal potere evocativo – rende vive le lettere al cugino attraverso il ricordo di momenti esaltanti, dove pareva di riuscire ad avere parte nella storia del mondo. Lo sguardo a momenti di impegno collettivo, nell’entusiasmo di contare nel cambiamento epocale finalizzato ad una giusta causa, l’attrice rende partecipe il pubblico di un sogno vagheggiato. Così come Nunzia Greco con l’intensità della sua interpretazione d Lidija, presentifica il ricordo di passate sofferenze, ma anche del superamento ottenuto con la forza della volontà, con l’affetto devoto alla famiglia, con la speranza mai abbandonata di tornare al proprio paese. Determinante nella riuscita di una suggestione immersa nel passato e rivolta al presente, l’apporto delle musiche, alcune, dal vivo con il canto e la chitarra di Giuseppe Pestillo che interviene a sostenere i momenti del ricordo giovanile dei movimenti studenteschi, come anche le atmosfere russe attraverso le struggenti melodie evocative di luoghi e climi – Mussorgsky,  “Quadri di un’esposizione” che ci piace pensare accennate al pianoforte dalla vera Stefania – e di momenti storici, fino a un’Internazionale che non può non suscitare un brivido fra gli spettatori. E vividamente evocative le immagini – video Valerio Ziccanu Chessa – proiettate sulle pareti del teatro – singolare scavo voluto dal grande Luciano Damiani – che echeggiano ritratti di Stalin e un mare di bandiere rosse con la falce e il martello.

“Comunismo addio?” si chiede Stefania in un’ultima conclusiva riflessione. E la domanda, rivolta anche agli spettatori, rimane a echeggiare nell’aria.