GENTE DI FACILI COSTUMI

IMG_1816di Nino Manfredi e Nino Marino

regia di Antonello Avallone

costumi di Red Bodò

con

Antonello Avallone

Flaminia Parnasi

Roma,Teatro dell’Angelo, 12-28 febbraio

 

Maricla Boggio

Qualche decennio fa  era protagonista di un certo teatro una classe piccolo-borghese con qualche intento intellettuale e con molta ironia per tutto quanto poteva riguardare la morale e la cultura. Le storie si svolgevano in mezzo a situazioni in bilico fra lo scandalo e il candore, per approdare poi a un mondo dove l’amore trionfava sopra le asprezze della vita capaci di far abbassare il livello di onestà dei protagonisti.

“Gente di facili costumi” è la storia di una “puttana” seriamente impegnata nel suo mestiere e di uno scrittore squattrinato, che si sdipana attraverso vari incidenti di percorso, tali da consentire ai due di conoscersi dopo uno scontro bellicoso e a poco a poco, nonostante la professione di lei e le ambizioni frustrate di lui, addirittura di innamorarsi.

E’ questa la vicenda che Nino Manfredi e Nino Marino hanno scritto con astuzia qualche decennio fa, riuscendo a rendere piacevole una storia che a ben guardare dovrebbe suscitare qualche riflessione di costume e richiedere ai due protagonisti qualche scatto di interpretazione che ne faccia sentire le fragilità umane, vissute e sofferte.

Ma la commedia all’italiana non consente, tranne rare occasioni in qualche grande film, di scendere a  tali riflessioni. E infatti lo spettacolo messo in scena da Antonello Avallone si preoccupa soprattutto di mettere a segno sorprese, battute clamorosamente comiche, equivoci e risalite da parte dei due interpreti che con notevole tenuta reggono i due tempi della commedia da soli, cosa di solito difficile e qui del tutto riuscita. E’ una sorpresa vedere in scena Flaminia Parnasi che riproduce con assoluta naturalezza movenze e soprattutto intonazioni di tipo realistico, creando una sorta di duplice situazione palcoscenico/realtà che meraviglia e alla fine diverte. In questo duetto con Avallone, la Parnasi si getta con tutta se stessa, provocando stupore nel pubblico per quella verità che estrae dal suo personaggio, in realtà stereotipo di “etera”, come viene anche chiamato nel corso delle battute, e regalandogli una umanità che desta simpatia. Antonello Avallone anche in questo spettacolo sottolinea la sua vena romanesca, ben centrata da alcuni spettacoli precedenti, come quelli derivanti dai testi cinematografici trasposti in teatro di Luigi Magni, e ne fa una cifra caratterizzata dalla simpatia che desta nel pubblico.

Qui Avallone  perfeziona il suo piccolo miracolo di attore e regista, assecondato da Red Bodò che gli fornisce quegli elementi di contorno in grado di far scaturire a tempo debito entrate a sorpresa, stordimenti e litigi alla fine poi sedati in una futura comoda entrata nella vita borghese, che è la stessa ex “puttana” a consentire con il frutto dei suoi risparmi.

Il pubblico sta alla convenzione e riversa la sua simpatia ai due protagonisti che  non fanno che offrirsi con ogni marchingegno alla risata e alla pacificata coscienza del lieto fine.