IL CAPITALE DI KARL MARX

Il Capitale 1quasi un Vangelo apocrifo in ventiquattro scene

progetto drammaturgico, scena e regia Marco Lucchesi

contributi filosofici Karl Marx, Aalain Badiou, Aristotele

fioriture narrative Anna Mallamaci –Che fine hanno fatto i ricchi/Alesssandro Minati – Morto due volte/ Sylvia Milton – Io, un’idea

con le attrici e gli attori della Scuola di Teatro e Perfezionamento professionale del Teatro di Roma

con i cantanti del Conservatorio di Santa Cecilia di Roma

Maschere larvali ideate da Rosi Giordano e realizzate dagli studenti di scenografia del Liceo Artistico “Via di Ripetta” di Roma

Produzione Teatro di Roma – Teatro Nazionale

in collaborazione con il Conservatorio di Santa Cecilia di Roma e l’Istituto dell’Enciclopedia Treccani

Roma, Teatro Argentina, 14 giugno 2018-06-15

Maricla Boggio

È una bizzarra, complessa operazione di forte impulso giovanile questo spettacolo di Marco Lucchesi, che ne ha elaborato il progetto drammaturgico, mettendolo poi in scena dopo un lungo laboratorio realizzato con gli allievi della Scuola di Teatro e Perfezionamento professionale del Teatro di Roma.

Tema centrale, a cui si aggiungono altri elementi inseriti nel contesto, “Il capitale” di Karl Marx, in una rivisitazione che ne fa emergere il linguaggio critico nei confronti del denaro, inteso come sfruttamento del lavoro e fonte di discriminazione dei lavoratori in rapporto a chi questo denaro lo gestisce, percentuale esigua rispetto a quanti ne sono assoggettati.

Presentato come una sorta di scolaresca studiosissima per i cui componenti gli scritti di Marx non hanno segreti – e le citazioni proposte da uno dei tanti a indovinello generano immediatamente la risposta giusta, del libro, del capitolo, della pagina -, questo gruppo di giovani si immedesima poi in una serie di personaggi, declinanti tutti il discorso della ricchezza, della sua negatività che intacca via via tutti gli strati della società, colpevolizzando soprattutto la borghesia.

Il discorso si articola con notevole perizia recitativa attraverso l’impegno dei giovani attori che si producono in elencazioni mirabolanti di ogni possibile risvolto relativo al denaro, al valore, al plusvalore e così via, suscitando applausi per tanta capacità espressiva rispetto a una materia tanto arida.

Difficile tuttavia portare a drammaturgia un discorso proteso a dimostrare – come scrive Lucchesi – “una drammaturgia delle idee”. Lo spettacolo alterna momenti dimostrativi a scene dove un certo humor popolare – la donna delle pulizie e il suo ricercare com’è “un ricco” in stretto linguaggio napoletano – o un languido monologare di un’attrice sulla sua bellezza a lei sconosciuta – innescano simpatia nel pubblico. Di notevole impatto i canti dei giovani studenti del Conservatorio di Santa Cecilia, che portano nel contesto momenti di intenso pathos.

Scorre dietro la scena, composta da una serie di ripiani a gradinate, con buche a sorpresa, sedili e piccole scrivanie, un continuum di immagini a sfondo, in cui si susseguono scritti relativi al tema della ricchezza e forse alle sue implicazioni economiche, filosofiche, poetiche, ma non si tratta di scritte finalizzate alla comprensione del pubblico, bensì a un insistito suggerimento sul tema in oggetto, che rimane di tipo decorativo-suggestivo.

Un momento figurativamente efficace è rappresentato dalla caduta di centinaia di scarpe dall’alto, a colpire chi sta sotto, forse a significare, nella linea di antiche raccolte tragiche come quelle dei campi di sterminio, la sofferenza e il sacrificio degli sfruttati.

Ma è sempre Shakespeare a offrire davvero un’emozione, perché anche solo una battuta dal “Timone di Atene” che riporta un’invettiva all’atroce potere dell’oro scioglie gli spettatori e li porta all’emozione.

Fieri del lavoro svolto e dell’operazione complessa realizzata, i giovani attori e cantanti hanno ricevuto molti e meritati applausi.