LA CENA DEI CRETINI


di Francis Veber
traduzione di Filippo Ottoni
con Zuzzurro e Gaspare
e Alessandra Schiavoni, Dario Biancone, Gianfranco Candia
scene e costumi di Pamela Aicardi
luci di Juri Saleri
regia di Andrea Brambilla

compagnia Artisti Associati
Teatro Sala Umberto, Roma, 27 marzo- 9 aprile 2012

Francis Veber ha scritto e diretto, sia in teatro che in cinema, numerosi spettacoli che toccano la società attuale nei suoi costumi, proponendola in una chiave critica che induce al riso evidenziandone a sorpresa i risvolti imprevedibili, da lui tratti con felice sviluppo dai personaggi scelti a rappresentarla. E’ in questa scelta iniziale che sta la sua forza; perché una volta individuati in modo “giusto”, la commedia va avanti quasi “da sé”, anche se per ottenere il risultato che ne balza fuori occorre il talento, il mestiere e la “vis comica” che questo autore francese possiede con una capacità difficilmente riscontrabile in altri. Ne ricordiamo, in cinema, “La cage aux folles” e quel “Le diner des cons” qui rappresentato nella azzeccatissima traduzione di Filippo Ottoni, che dà nuovo smalto al dialogare ininterrotto e intrecciatissimo fra i due protagonisti, François e Pierre e all’intero andamento, salottiero e surreale, in cui si dipana la commedia.

Altrettanto felici ad interpretarla, due ben conosciuti attori della risata, Zuzzurro – Andrea Brambilla – che firma anche la regia ed è il “cretino” e Gaspare – Nino Formicola, il padrone di casa. Il pubblico che assiste alla rappresentazione gode di un paio d’ore di divertimento schietto, che deriva dalla semplice applicazione dei meccanismi della logica e della mentalità normale della maggior parte delle persone, in cui si inserisce un soggetto che non si adatta al comune modo di ragionare,dove l’ironia e il doppio senso sostengono la conversazione, ma ne è privo e prende ogni elemento di conversazione alla lettera, generando un suo continuo inceppamento.

Argomento chiave, la cena che un gruppo di amici del genere di “amici miei” tiene ogni mercoledì invitandovi un soggetto che uno di loro ha individuato in qualche incontro occasionale come “cretino”: prenderlo in giro per tutta la serata costituisce per questi amiconi il divertimento, perfido, alle spalle dell’ignaro individuo. Pierre ha trovato in treno un signore che gli ha parlato ininterrottamente dei suoi modellini di monumenti creati con i fiammiferi: niente di più stimolante che tormentarlo per un mercoledì sera. Ma un “colpo della strega” impedisce a Pierre di muoversi; il “cretino” – François gli arriva a casa per andare, come convenuto, alla cena e viene invece coinvolto nella situazione dell’infortunato: le sue continue premure esasperano il padrone di casa travolto anche da una crisi matrimoniale – la moglie se ne è andata e il sospetto è che si sia rifugiata nella garçonnière di un terribile donnaiolo -; il suo più caro amico a cui tempo prima aveva rubato la compagna gli piomba in casa bellicosamente, ed anche una ex amante rompiscatole interviene istericamente per curarlo. In mezzo a questo bailamme François è imperturbabile, servizievole, candido nel suo argomentare di bambino strapazzato dalla logica perversa degli adulti; ma da “cretino” che era considerato viene via via ad acquisire una superiorità umana, una capacità di intervenire nelle situazioni più bislacche che lo rendono via via quello che riesce a sistemare le cose. Quando riesce a far intervenire il suo collega della finanza per sapere dove si trovi quella garçonnière in cui dovrebbe trovarsi la moglie di Pierre, il divertimento raggiunge il clou: il maligno funzionario, che arrivato nell’appartamento avrebbe voluto indagare sul patrimonio del padrone di casa, accusa un colpo che ne distrugge ogni sicurezza: nella tana del donnaiolo non c’è la moglie di Pierre, ma la sua. Difficile raccontare attraverso quali meccanismi del riso, della logica, del ribaltamento dei significati la commedia raggiunga il risultato di vedere un’intero teatro avvinto a quanto avviene sulla scena, beatamente proteso al riso, alla meraviglia, ad un liberatorio respiro di allegria. E al risultato liberatorio contribuiscono con vigore anche gli altri interpreti, Alessandra Schiavone nelle due parti femminili, Dario Biancone e Gianfranco Candia.Chi conosce Zuzzurro e Gaspare – soprattutto chi segue in televisione le loro interpretazioni – non si stupirà di questo risultato, che offre con mezzi semplici un divertimento che non rinuncia ad una riflessione sui comportamenti umani, e sulla necessità di fare anche da parte di ognuno un esame di coscienza.