LA DANZA INTERIORE – Orazio Costa, la mimica e l’interpretazione

copertina DANZA

di Pier Paolo Pacini

Firenze, Teatro della Pergola, 14 novembre 2019

 

1979. 1999. 2019.

1979: Orazio Costa apre a Firenze presso il Teatro della Pergola il Centro di Avviamento all’Espressione.

1999: il 14 novembre, sempre a Firenze, Costa muore.

2019: il 14 novembre si è ricordata alla Pergola questa doppia ricorrenza con un incontro che, partendo dall’occasione della presentazione dell’ultimo libro su Orazio Costa di Maricla Boggio, La danza interiore, Bulzoni Editore, ha voluto non soltanto onorare il lascito di Costa e il suo altissimo valore, ma soprattutto sottolinearne la sua attualità.

Proprio per questo la mattina Maricla Boggio ha incontrato gli allievi del secondo anno della Scuola intitolata a Costa, la scuola di formazione professionale per il mestiere di attore della Fondazione Teatro della Toscana, per condividere con loro alcuni aspetti del suo rapporto con il “dottore” – come Costa chiedeva di essere chiamato – ma anche per capire il loro pensiero riguardo all’esperienza di formazione in una scuola che ha come base didattica il Metodo Mimico.

Il pomeriggio questi stessi allievi, insieme ai diplomati del precedente corso della Scuola, ad alcuni partecipanti ai corsi di avviamento al teatro, aperti a tutti, che dal 1979 vengono svolti alla Pergola, e ad un gruppo di giovani che da anni segue il lavoro di formazione del Teatro della Toscana, hanno partecipato alla presentazione del libro di Maricla Boggio. Nel corso della presentazione ci sono stati interventi di Marco Giorgetti, direttore generale del Teatro della Toscana, di Marisa Crussi e Alessandra Niccolini, insegnanti di metodo mimico della Scuola, e del sottoscritto, tutti allievi diretti di Orazio Costa.

Il libro, che propone una lettura quasi prospettica del Metodo Mimico, offre per mezzo di testimonianze di artisti, allievi ed amici, una visione su differenti livelli sia del lavoro che della personalità di Costa, fornendo anche molteplici spunti di riflessione e indicando argomenti per futuri necessari approfondimenti sui temi della pedagogia costiana e della relazione tra questa e le nuove ricerche legate alle neuroscienze. E’ un importante contributo che da una parte mette in luce aspetti meno conosciuti e dall’altra definisce ambiti su cui il futuro lavoro critico su Costa dovrà sicuramente confrontarsi.

Approfittando dell’opportunità che mi viene offerta nello scrivere queste righe, colgo gli spunti offerti dalla lettura e dalla presentazione del libro di Maricla Boggio per proporre alcune brevi riflessioni. E lo faccio iniziando dall’intervento di Marco Giorgetti, che è poi l’introduzione del libro. Si tratta di un ricordo relativo ad un convegno delle maggiori scuole di teatro europee che ebbe luogo al Teatro Verdi di Pisa alla fine degli anni Settanta. Voglio partire proprio da questo non solo perchè è un ricordo che condivido, essendo stato anche io presente, ma perchè meglio di qualunque altra considerazione credo possa spiegare il senso profondo del pensiero e del lavoro di Orazio Costa.

In quell’occasione, nel corso di tre giornate di lavoro, importanti rappresentanti di prestigiose scuole italiane ed europee si erano riuniti per discutere di pedagogia teatrale. Nella giornata finale ogni scuola doveva presentare un saggio del proprio lavoro, il meglio delle proprie metodologie, con i migliori allievi di ogni scuola stessa.

Costa aveva chiesto ai suoi allievi di essere presenti, ma ci aveva precisato da subito che non ci saremmo esibiti. E qui vorrei citare le parole di Marco Giorgetti:

“Arriva la volta del Centro di Avviamento all’Espressione, annunciato dal conduttore. Dopo i lampi e i fulgori degli altri, le luci progressivamente si spengono, poi dal buio una piccola luce accompagna l’ingresso quasi dimesso di un bambino che si ferma al centro del palcoscenico vuoto. Orazio Costa si alza con calma dalla sua poltrona in platea, si appoggia al proscenio e voltando le spalle al pubblico si rivolge al bambino.

Costa: Ciao Andrea.

Andrea: Ciao.

Costa: Quanti anni hai Andrea?

Andrea: Sette.

Costa: Andrea, com’è il vento?

Andrea esegue la mimica del vento.

Il pubblico ha una reazione di sorriso e di tenerezza.

Costa: E la pioggia?

Andrea esegue.

Costa: E il fumo?

Andrea esegue con assoluta agile efficacia tutte le immagini che Orazio Costa via via gli suggerisce, in un crescendo di ritmi, materie e complessità straordinario per varietà e completezza, suscitando reazioni sempre più stupite del pubblico fino a veri e propri boati di ammirazione.

Il pubblico è rapito dalla straordinaria forza di un bambino che gioca le diverse immagini in una danza di una leggerezza strepitosa, apparentemente senza alcuna fatica, annientando completamente tutto quanto fatto prima dai super tecnici e super strutturati attori delle altre scuole. Dimenticati, azzerati da una forza che assomiglia a quella della Verità, fatta di acqua, grandine, erba, vento, fumo… A un tratto Costa lo ferma un istante per farlo riposare.

Costa: Andrea, che cos’è il teatro?

Andrea: Non lo so bene, ma penso che sia questo, cioè che io sono qui e tutti gli altri lì, però sempre giocando seriamente.

Costa: Che cosa ti piace di questo nostro gioco?

Andrea: Che posso fare senza nulla tutte le cose che voglio e che se un giorno ho voglia di andare al mare e non posso andarci, io lo posso fare.

Costa: Fare cosa?

Andrea: Il mare. Ma anche la montagna, il sole e anche il gatto che io vorrei ma che la mia mamma non vuole prendere.

Costa: Com’è il tuo gatto, me lo fai vedere?

Andrea realizza il gatto (un gattino piccolo e morbido proprio come lo vorrebbe lui) in modo talmente convincente e toccante che il pubblico scoppia in un lunghissimo applauso fragoroso.

Orazio Costa prende in collo Andrea e salutando esce.

Credo davvero che non ci sia modo migliore per cercare di fare capire chi fosse Orazio Costa e quale sia stata la qualità e la portata del suo lavoro sulla pedagogia teatrale, lavoro che ha svolto incessamente per tutto il corso della sua vita.

Costa credeva al valore dell’uomo e alla sua grande capacità e necessità creativa, in qualunque campo e ambito, e credeva che questa creatività fosse una irrinunciabile esigenza umana. E conseguentemente riteneva che compito di qualunque pedagogia fosse innanzitutto quella di formare uomini che fossero in grado di comprendere e applicare consapevolmente nella vita di ogni giorno questa loro caratteristica di creatori.  Per questo più volte ebbe a dire che il suo voleva essere un lavoro di formazione dell’uomo prima che dell’attore.

La capacità creativa era per Costa strettamente legata alla capacità di comunicazione. E riteneva che la capacità di comunicazione fosse a sua volta connessa allo sviluppo dell’individuo singolo e della società nel suo complesso.

Fin qui il suo pensiero non era troppo distante dalle teorie su questo tema che si erano sviluppate già nel secondo dopoguerra in Europa. Ma la sua originalità nasce dall’intuizione che questo sviluppo avesse un suo elemento di innesco essenziale con l’istinto dell’imitazione, che riteneva innato in ogni individuo. Secondo Costa per mezzo di questo istinto il bambino, imitando l’adulto, acquista il carattere definitivo della specie, la capacità di comunicare e insieme di creare.

Tale istinto di imitazione riguarda sia ciò che è animato che quello che è inanimato, quindi persone, animali, ma anche oggetti e fenomeni (il vento, la pioggia, il fumo). Ma poichè l’imitazione pura e semplice avviene per ripetizione “membro a membro ” di un atto o di una serie di atti (come esempio ovvio, le zampe di un cane sono riprodotte con i quattro arti umani), il bambino (e poi anche l’adulto) che cerca di imitare oggetti o fenomeni si trova senza membri identici adatti all’imitazione; ed ecco che interviene una sorta di capacità più raffinata dell’imitazione, l’istinto mimico, che innesta la creatività.

Così, come scriveva Costa, “dall’ “imitare ” si passa al “ mimare ”. Dalla pura e semplice ripetizione si passa ad una funzione che è nello stesso tempo interpretativa e creativa. Interpretativa perché non potendo riprodurre traduce, creativa perché la scelta degli arti espressivi non è meccanicamente automatica, ma è affidata alla natura dell’individuo, ai suoi movimenti spontanei a carattere nettamente psichico”.

Tutta la vita di Orazio Costa è stata dedicata a studiare come fosse possibile recuperare questo istinto mimico innato che la famiglia, la scuola e in generale tutto il “sistema” società con le sue regole, tendono a reprimere, e una volta recuperato in che modo stimolarne l’utilizzo per una qualità migliore della vita e come base di ogni attività artistica.

Oggi, nell’ambito delle neuroscienze, questa intuizione di Costa sta emergendo sempre più nitidamente anche con la teoria dei neuroni specchio, una classe di neuroni che viene attivata sia quando si esegue un’azione che quando si osserva una azione compiuta da un altro individuo. Oggi la scienza concorda sul fatto che l’attivazione di tali neuroni è fondamentale nel processo di apprendimento che ha nell’imitazione uno dei suoi passaggi essenziali.

Costa fu talmente consapevole di quanto le sue intuizioni potessero avere un’efficacia non solo nell’ambito della formazione teatrale ma anche nell’ambito educativo e formativo in generale, per lo sviluppo delle potenzialità di apprendimento, di comunicazione e quindi creative dell’individuo, che all’inizio degli anni 90 iniziò ad impostare il suo progetto forse più ambizioso, la strutturazione di un istituto per la riunificazione delle pedagogie, artistiche e non artistiche.

Questo progetto, che non si realizzò durante la vita di Costa e che oggi è alla base dell’attività formativa del Centro di Avviamento all’Espressione e della Fondazione Teatro della Toscana, si identifica con una posizione etica ben precisa, che è quella di preparare i suoi allievi a qualunque livello, sia a quello semplicemente espressivo e comunicativo per la vita di ogni giorno che a quello professionale per il mestiere dell’attore e per altri mestieri legati al tema della creatività, nel senso del riconoscimento di un più alto concetto del bene dello spirito e della dignità umana.

Questa posizione è indicata in un manifesto che qui riporto nella sua prima parte:

– Constatato che la realtà universale da due secoli a questa parte è stata profondamente sconvolta dall’interminata catena di scoperte e d’invenzioni cui l’uomo fa fronte come meglio può mediante strumenti antiquati;

– Constatato che la mente e la psiche dell’uomo è pronta ad esser sollecitata, in dimensioni sempre più nuove e aderenti all’aumento della conoscenza scientifica;

– Constatato che le pedagogie artistiche ed ogni iniziativa culturale di più alto livello, vengono meno all’impegno e al compito istitutivo di preparare il bambino, il giovane e l’uomo all’incontro produttivo con l’ambiente contemporaneo, di cui sembrano non avvertire la totale novità;

– Constato che l’Arte, con i suoi aspetti e strumenti più affini alla psiche, si chiude sempre di più in esperimenti puramente autoreferenziali, senza innovative risposte agli impulsi provenienti dalla realtà;

Si propone che;

1- L’Arte diventi vero strumento di fioritura, di libertà e di creatività;

2- All’Arte sia lasciato il massimo spazio nella formazione individuale, con l’esercizio del movimento, della parola, della poesia, del teatro, della danza, del canto, della musica, del disegno, della pittura, della scultura, della fotografia, della cinematografia, dell’architettura e di ogni altra forma di creatività umana;

3 – Si riconosca che alla base di ogni espressione artistica in particolare e dell’Arte in generale c’è la potenza mimica attraverso la quale umanizziamo e antropomorfizziamo tutto per tradurlo analogicamente in una delle nostre attività;

4 – Si riconosca pertanto l’utilizzo del Metodo Mimico, nell’ambito delle forme creative sopra indicate, come innovatore e fautore di condizioni più alte di comprensione e comunicazione, e quindi motore per la ricerca di soluzioni ai nuovi impulsi della contemporaneità;

5- Si sviluppi una Scuola d’Arte dove si parta dalla mimica per scoprire le diverse attuazioni del bisogno di esprimersi: movimento, parola, poesia, teatro, danza, canto, musica, disegno, pittura, scultura, fotografia, cinematografia, architettura e ogni altra forma di creatività umana.

Questo manifesto e i concetti che esprime è forse il più grande lascito di Costa. Crediamo che sia un nostro dovere cercare di realizzare quanto in esso contenuto.

Per questo ringraziamo Maricla Boggio, per il suo libro, per avere accettato di presentarlo a Firenze, per il suo incontro con gli allievi della Scuola per attori e del CAE, per il suo prezioso e costante contributo a diffondere e approfondire la figura di Orazio Costa e il metodo mimico, per quello che ha fatto e che sta facendo e farà insieme a noi.