LA LUPA

la lupa a lina sastri giuseppe zeno

di Giovanni Verga
adattamento Micaela Miano
regia Guglielmo Ferro
con
Lina Sastri
Giuseppe Zeno, Clelia Piscitello, Enzo Gambino, Eleonora Tiberia, Simone Vaio, Giorgio Musumeci, Valeria Panepinto, Giulia Fiume
arrangiamenti musicali Franco Battiato
musiche Massimiliano Pace
scene e costumi Françoise Raybaud
coreografia Giovanna Velardi
Compagnia Molière ABC produzioni
Roma, Teatro Quirino, 18 novembre 2015

Maricla Boggio

Esattamente cinquant’anni fa, sempre al teatro Quirino di Roma, andava in scena, dopo un debutto fiorentino di qualche mese prima, “La lupa” di Verga per la regia di Franco Zeffirelli, protagonista Anna Magnani, a cui si aggiungeva, nel ruolo di Nanni Lasca, Osvaldo Ruggeri. Si parlò molto di quello spettacolo, perché segnava il ritorno al teatro di un’attrice icona del cinema. Ci furono critiche ed esaltazioni. Rimase di quella interpretazione il senso di un tormento profondo, di una dimensione da tragedia greca.
Il percorso che Giovanni Verga aveva fatto per arrivare al teatro partiva da un racconto di Capuana, che all’amico aveva raccontato la drammatica vicenda. Verga ne fece una sua novella, poi passando al teatro ne esaltò un motivo non solo tragico, di vicenda passionale, ma una forma di riscatto di tipo borghese – forse influenzato dagli ambienti frequentati a Firenze – in cui non tanto interessava l’esaltazione di una sensualità esasperata di grande impatto teatrale, quanto l’esibizione di una forma punitiva di un personaggio incestuoso, sgradito a un formalismo familistico adatto all’impianto sociale che andava affermandosi nel regno di un’Italia unificata.
Desiderosi di un rinnovamento finalizzato all’oggi, Guglielmo Ferro e Micaela Miano, che hanno “adattato” il testo teatrale, hanno puntato in particolare sull’interpretazione della protagonista, una Gna Pina che Lina Sastri offre al pubblico donando di sé il carattere, di interprete in bilico fra profonda passionalità e intimismo melanconico, certo una versione nuova di un personaggio votato a una ferrigna carnalità come lo interpretò la Magnani.
Chi si muove con sicurezza restando ancorata all’assunto verghiano è Clelia Piscitello – Zia Filomena – a cui va un compito di coralità che echeggia l’antica saggezza contadina. E corali sono le presenze dei lavoranti – ragazzi e ragazze – che fanno da contorno all’emergere della Sastri, protesa a sedurre Nanni Lasca – Giuseppe Zeno -, qui voluto come quasi timido e ostinatamente schivo, tardivamente sedotto e portato all’omicidio, mentre con voluta differenziazione si muove, quasi santificata – Eleonora Tiberia -, Mara, la figlia della Lupa.

Non si capisce perché attori di seria professionalità debbano usare i microfoni, che distorcono i suoni e cancellano spesso intere battute – molti fra il pubblico si sono lamentati -, mentre di notevole emozionalità rimangono le danze campestri e i preparativi per la processione.
La scenografia, volutamente essenziale – un campo di stoppie per tutto lo spazio scenico, davanti a cui sporge di lato una porta di casa – è efficace nel primo atto, restando  realisticamente qual era anche negli atti successivi, confondendo il pubblico sul notevole passaggio dil tempo. Gli spettatori hanno seguito con partecipazione la prova di Lina Sastri, molto amata, apprezzandone, al di là del contesto, la sua singolare capacità espressiva.