LA TRAGEDIA DEL VENDICATORE

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di Thomas Middleton

drammaturgia e regia Declan Donnellan

versione italiana Stefano Massini

scene e costumi Nick Omerod

musiche originali Gianluca Misiti

luci Claudio De Pace

Produzione Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa, ERT-Emilia Romagna  Teatro

con

Ivana Alovisio, Alessandro Bandini, Mrco Brinzi, Fausto Cabra, Martin llunga Chishimba, Christian De Filippo, Raffaele Esposito, Ruggero Franceschini, Pia Lanciotti,  Errico Liguori, Marta Malvestiti, David Meden, Massimiliano Speziani, Beatrice Vecchione.

Roma, Teatro Argentina, 25.1.19

Maricla Boggio

Raccontare la trama e lo svolgimento di questa “tragedia del vendicatore” sarebbe un’operazione puntigliosa e inutile, mentre mi preme segnalare questo spettacolo, firmato dal regista inglese Declan Donnellan , per le numerose ragioni che lo rendono apprezzabili.

Di fronte a un complicato gioco di vendette che partono da un primo nucleo, in cui il giovane Vindice intende punire con la morte colui che ha stuprato e ucciso la sua promessa sposa, ciò che si sviluppa nello spettacolo è un panorama di vizi e atrocità, di sete di potere e corruzioni, trasgressioni sessuali e tradimenti dell’amicizia, per arrivare a trovare giustizia.

È una sorta di escalation in cui chi sembra essere riuscito nell’intento di aver raggiunto la vendetta si trova di fronte a un altro gradito da superare per arrivare infine al trionfo della verità. È colui che si chiama Vindice che, in una non ben definita corte di una città italiana del Seicento, opera alleandosi con il fratello per distruggere non solo colui che si trova all’apice del potere, ma anche chi, subito dopo, lo sostituisce con l’illusione di essersi solidamente insediato.

Tutti i nomi dei personaggi riportano il senso di un loro vizio o di una loro caratteristica, dal Lussurioso figlio del Duca, a Castizia che è la ragazza insidiata che perfino la madre tenta di convincere a cedere a Lussurioso la sua verginità in cambio di ricchezza e di potere.

Spuntano all’interno dell’intricata vicenda richiami a grandi momenti drammaturgici di tragedie classiche, come il rapporto fra Vindice e Graziana sua madre, quando lui le rivela il travestimento con cui l’ha indotta a convincere la figlia – che è sua sorella – a cedere al giovane Lussurioso, e intende punirla con la morte: spuntano in questo Middleton, che da pochi decenni è stato riconosciuto come l’autore della tragedia, elementi di Oreste e Clitemnestra, o di Amleto e della Regina, così come i tanti tradimenti della Duchessa richiamano altre tragedia shakespeariane.

Più volte, nella versione curata da Stefano Massini, attento a una traduzione chiara e alta ma non scolastica, emergono accenni a una attualità nostrana dove il potere è corrotto, la strisciante sudditanza cela tradimenti e la sete di potere ribalta situazioni politicamente accertate. Sesso e denaro, ma soprattutto volontà di dominio come massima ambizione percorrono il lungo svolgimento del dramma, che non ha attimi di sosta e mette in scena in alternanza, quando occorre, il momento dell’orrore con quello della risata denigratoria, o l’esile ritorno di una tenerezza dei sentimenti che ancor più risalta tanto è a lungo atteso e non prevedibile, come quando madre e figlio si riappacificano in un riconoscimento non tardivo delle proprie colpe.

Contribuisce alla resa dello spettacolo la superba scenografia, originale nel suo affiancare a un rude sipario ligneo del colore del sangue ampie aperture che riportano pitture famose, da Piero della Francesca a Raffaello, o sprazzi di orti segreti che rivelano la semplice vita privata a contrasto con la sontuosità effimera del Palazzo e dei bordelli.

Si comprende come un regista di valore come Donnellan, che al rigore dell’interpretazione aggiunge una capacità di suggerimenti fantastici ispirati alla tragedia e mai gratuiti, a cui si metta a disposizione una ricca compagnia con mezzi adeguati possa offrire quello che finalmente è uno spettacolo che rispetti il testo, a cui una punta di modernità – musiche, qualche danza frenetica, abiti attuali con  un tocco storico – facilita il confronto con l’oggi e con tutti i suoi/nostri mali.

Da lodare in sostanza tutti gli interpreti, fra cui citiamo il Vindice di Fausto Cabra, scatenato e nitido, il Duca di Massimiliano Speziani, rappresentante di un potere il cui volto è individuabile nel presente, e soprattutto la duplice interpretazione della Duchessa e di Graziana da parte di Pia Lanciotti, con una straordinaria capacita  di mutare di ritmi e di vocalità nei pochi attimi che separano le sue diverse apparizioni.