LO SFASCIO


di Gianni Clementi

con Nicolas Vaporidis Augusto Fornari Alessio Di Clemente Riccardo De Filippis Jennifer Mischiati

scene di Carmelo Giammello musiche di Davide Cavuti

regia di Saverio Di Biagio e Gianni Clementi

Sala Umberto, Roma, dal 29 ottobre 2013-11-13

Maricla Boggio

Quando Gianni Clementi scrive un testo, ci si trova puntualmente davanti a uno spaccato di vita romana di condizione piccolo-borghese o più di frequente popolare media o bassa, nelle  cui vicende, sotto l’apparenza ricca di situazioni comiche o comico-grottesche o comico-patetiche, si celano problematiche incandescenti del nostro tempo, di carattere italiano ma riconducibili all’intera attuale società: è questo il merito di Clementi, che riesce a divertire mettendo in evidenza le magagne nascoste e le colpe che si ammantano sotto apparenze dignitose o addirittura ammirate, finché i peggiori vengono puniti e trionfa alla fine una giustizia agra, dolorosa e tuttavia inevitabile a ristabilire l’ordine delle cose. Come dire che Clementi non tira a vedere soltanto la devastazione di una società dove chi è malvagio trionfa e basta, ma vede anche un risvolto finale, dove trionfa appunto la giustizia. E ricordiamo i temi dell’omosessualità condannata dal perbenismo della famigliola che prepara le nozze del figlio, la coppia di profittatori dell’ebreo che aveva loro affidato la casa e ritorna quando ormai era stato dato per morto, o la malinconia della famiglia scacciata dalla vecchia casa che il fascismo distrugge per dar corso ai lavori di via della Conciliazione, o l’inimicizia fra parenti di fronte all’eredità contesa e così via. Fino a questo “Sfascio” che prende il titolo dal luogo in cui si sfasciano le vecchie auto, ma diventa subito metafora di uno sfascio morale fra gente che vi si incontra, appartenendo alla stessa famiglia e agli amici più vicini. Ma sentimenti e di affetti non se ne vedono un questi personaggi. A cominciare dallo sfasciacarrozze padrone, il cui unico mezzo sentimento positivo è rappresentato dal fatto che tiene con sé, nell’officina, un fratello scemo rimasto infantile, che tuttavia lavora a quello sfasciamento, che non sempre riguarda le automobili da rottamare, ma auto rubate che devono esser fatte sparire e i cui pezzi servono per altre auto. E’ spesso  dai due un tossico perennemente indebitato per gioco e droga, pronto ad ogni losco affare ma anche poco affidabile. Completa il terzetto un poliziotto che organizza imbrogli e perfino rapine. La Moglie del proprietario appare ogni tanto, gravata dal figlio inquieto, dai lavori domestici, dallo sfinimento di stare con quell’uomo che ad altro non pensa che a donnacce, al gioco, a imprese balorde con i pari suoi. Abbiamo quindi, in poche scene, una bella collezione di moderni crimini, tutto nascosti da mestieri perfino legati alla tutela dei cittadini. In una lunga e alternata sequela ognuno del gruppo si esibisce nei suoi peccati, mentre l’unico a portare un po’ di sia pur fioca luce di umanità è il povero scemo che, comunque, appena può, anche lui si prende, consapevole o no, il suo profitto “scopandosi” una povera disgraziata in coma. Questa ragazza appartiene ad un gruppo di terroristi, la cui azione si intreccia ad una rapina organizzata dal poliziotto che vi coinvolge gli altri compari, ai quali peggio non potrà andare. In una serie complessa di azioni a catena sappiamo che il colpo all’inizio riuscito sortirà una serie di incidenti in cui perderanno la vita quasi tutti. Soltanto il titolare dello sfascio rimarrà in vita, lo rivediamo mesi dopo, su di una sedia a rotelle, diventato, lui!, un rottame, mentre la moglie si è mutata in una autorevole padrona che si concede quelle voglie sessuali prima del marito con le puttane. Anche qui la nemesi avviene come un fulmine sopra gli ingiusti, quasi un dramma elisabettiano in cui rimangono a terra morti di morte violenta i violenti di poco prima. E senza denunce predicatorie anche in questo spettacolo Clementi induce alla riflessione, dopo la risata. Lo ha fatto con mezzi più ampi che nei precedenti spettacoli avvalendosi di una collaborazione con gente di cinema, a partire dal coregista Saverio Di Biagio. E’ un progetto che ha richiesto tre anni di lavoro, dice al pubblico dopo gli applausi, e ringrazia anche il gruppo che ha sostenuto l’impresa, Mind Production con un giovane produttore che ha creduto in un autore italiano, Simone Giacomini. E va anche segnalata l’interpretazione di Augusto Fornari che impersona il giovane ritardato con grazia e candore, mentre Vaporidis assume con perfetta e compiaciuta adesione le sembianze del giovane tossico.