L’ONORE PERDUTO DI KATHARINA BLUM

dal romanzo di Heinrich Böll

adattamento di Letizia Russo

con

Elena Radonicich

Peppino Mazzotta

e la Compagnia del Teatro Stabile Venezia Giulia

Emanuele Fortunati Ester Galazzi

Riccardo Maranzana Francesco Migliaccio

Jacopo Morra Maria Grazia Plos

scene Domenico Franchi

costumi Andrea Viotti

luci Pasquale Mari

regia Franco Però

produzione Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia

Teatro Stabile di Napoli – Teatro Nazionale

Teatro Stabile di Catania

Roma, Teatro Eliseo, 6.12.19

Maricla Boggio

Negli anni Settanta Heinrich Böll, scrivendo il suo romanzo, aveva intuito un percorso che si andava creando nell’ambito dell’informazione giornalistica. Ciò che all’inizio era stata la scoperta di poter informare una grande quantità di persone attraverso i mezzi della stampa divulgando la verità di quanto accadeva, andava diventando una strada di false notizie protese a far prosperare i giornali, creando realtà soltanto immaginate da chi avrebbe invece dovuto mantenersi fedele alla realtà delle cose, in una sorta di giuramento della propria professione, qualcosa di un po’ simile al giuramento di Ippocrate da parte dei medici.

Purtroppo la corruzione è determinata dall’ambizione personale di chi scrive, volendo essere il creatore di quelle notizie che andrà pubblicando; soprattutto il tornaconto economico delle testate giornalistiche che più vendono più ricavano dall’inserzione di réclames redditizie arricchisce il quadro di un fenomeno che oggi ha preso dimensione assai più ampie, essendosi aggiunti i mezzi che, al di là della stampa, appartengono al mondo del web.

Bene ha fatto Franco Però – insieme a Letizia Russo, che ha adattato il romanzo – ha mantenere l’epoca in cui l’autore immagine avvenuto il fatto. Perché, restando in quegli ancora confusi e creduli anni Settanta, il regista ha dato un segnale di metafora alla vicenda emblematica di Katharina Blum, agnello sacrificale in un sistema stritolatore che, incredulo di una reale innocenza, crea intorno alla protagonista una ragnatela di supposizioni delittuose. Fino a coinvolgervi perfino le persone che la ritengono al di sopra di ogni sospetto, e a imbrattarsi simbolicamente di quelle forme di corruzione evocate da lei, insinuandosi il dubbio che distrugge ogni fiducia.

La storia inizia dalla fine, e tutto il racconto sarà gestito dalla protagonista, che per prima battuta confessa al commissario assistente a cui telefona, che ha ucciso un uomo, a casa sua. Da qui parte il racconto.

Khatarina, giovane e apparentemente spensierata governante di una casa in cui vive una coppia di borghesi che le sono sinceramente affezionati, alla partenza dei signori si concede una festa da ballo tenuta da suoi amici. Ballerà per tutta la sera con un unico giovane, incrociando il cui sguardo ne rimane presa come un segno per la vita. Portatolo a casa sua vi sta insieme, non avendo mai avuto storie fino ad allora. Ma all’alba la polizia irrompe nella sua stanza cercando l’uomo, ormai partito, ricercato per una serie di delitti non ancora definiti, ma certo gravi. Katharina è portata al commissariato, interrogata con modi subdoli, mentre uno sfrontato giornalista comincia a intrecciare ciò che riesce a sapere da ipocriti vicini e informazioni fittizie, imprigionando Katharina in una rete di sospetti sempre più gravi e vergognosi per la sua reputazione, che si delinea fino ad una mostruosità che riempirà la prima pagina del giornale per più giornate, mentre le vendite aumentano e così la fama del giornalista senza scrupoli. Katharina finirà per uccidere il giornalista, mentre l’uomo, una volta catturato, si rivelerà un ladro di scarsa importanza, a cui andranno pochi anni di galera e un’uscita prossima se terrà una buona condotta.

La tesi di Böll sui pericoli della stampa non si arresta quindi alla falsità delle notizie che distruggono le persone innocenti, ma alle conseguenze che possono derivarne sul piano giuridico e penale: una sorta di tragica ironia si abbatte su Katharina senza macchia, che dovrà scontare anni di prigione per il suo gesto impulsivo, dettato da una sete di giustizia che non ha tenuto conto delle conseguenze. L’uomo a cui va la responsabilità, sia pure da lui ignorata, della pena di Katharina, uscirà libero e senza denigrazioni della sua persona. E al cuore generoso e puro di Ktharina, nel pensiero poetico di Böll, la libertà dell’uomo che ha amato è già un premio di cui essere felice.

Storia complessa e intricata, piena di pericoli per la struttura, che parte a delitto avvenuto e si dispiega nelle varie fasi della vicenda, Franco Però ha saputo tenerla con mano ferma, imprimendole un andamento filmico, dove i momenti della storia si giustappongono in tempo reale, dispiegandosi gli spazi in cui le scene si svolgono con la velocità degli elementi che lo scenografo Domenico Franchi ha dato ai cambi, a cui le luci di Pasquale Mari hanno tolto consistenza alla penetrazione dello sguardo dello spettatore, così come i costumi di Andrea Viotti, rigorosamente d’epoca, hanno nelle soluzioni per Katharina una funzionalità assoluta nel mutare pressoché immediato a seconda del momento.

Elena Radiconicich ha fatto sua Katharina, in una sorta di immedesimazione sorprendente, dove la verità del personaggio si intreccia a una intensa capacità di mutare, a seconda delle situazioni, come se si trattasse di sequenze filmiche, nelle quali prendere atteggiamenti differenti con l’aiuto delle immagini girate a più riprese. Peppino Mazzotta è l’avvocato padrone di casa, e imprime al suo personaggio una verità intrinseca, della stessa pasta della protagonista, unici due personaggi con il sapore della verità. A contrasto, Riccardo Maranzana è lo sproloquiante giornalista che non si risparmia nelle invenzioni noir, mentre Francesco Migliaccio rende con altalenanti espressioni di minacce e di persuasioni il suo Commissario capo.

Gli attori della Compagnia, Ester Galazzi, Maria Grazia Plos, Jacopo Morra, Emanuele Fortunati, aderiscono con precisione ai loro personaggi, destreggiandosi abilmente nei meandri delle scenografie.