NON COME LORO

di Rossella Or

con Rossella Or e Fabio Collepiccolo

regia di Mario Prosperi

allestimento scenico di Valerio Di Filippo

costumi di Helga Williams

artwork Fabio Collepiccolo

ufficio stampa Maria Rita Parroncini

la canzone “A vuxe du moa” di Oretta Orengo

è cantata da Maria Piazza

colonna musicale a cura di Paolo Modugno

 

dal 29 maggio al 3 giugno

Roma, Teatro Colosseo

 

Di questo incantato spettacolo che racconta senza raccontare ma soltanto facendo intuire un incontro sognato, Mario Prosperi, regista e coinvolgente interprete della scrittura scenico-poetica di Rossella Or  riesce a farne afferrare i significati reconditi; ma più che di significati diremmo trattarsi di sensazioni inesprimibili:

 Testo poetico destinato ad una performance della sua autrice, Rossella Or, che si confronta in un’azione rarefatta e nitidissima con una figura maschile che è una propria onirica proiezione; la sua identità, come appunto in alcuni sogni, è ignota; figlia dell’immaginario ma non dell’imprevisto, cioè del desiderio.

 Ma le domande che nutrono il dialogo, cucito con una sorta di umorismo penetrante e straniato al tempo stesso, girano attorno a soggetti inevitabili e centrali nella psiche: l’attesa della morte e il senso della vita; e cosa c’è di mortale e cosa di vitale nell’arte e nella coscienza dell’arte.

L’incontro fra la figura femminile e quella maschile esula da un raffronto fra persone, ma si delinea come una sorta di dialogo interiore che ha bisogno del femminile e del maschile per realizzarsi attraverso una pienezza di esternazioni. Il bosco rarefatto dalla luce a tratti abbacinante o languida  – una splendida invenzione di Valerio Di Filippo che sottrae peso all’ambiente e lo rende spirituale –  è forse quella “selva oscura” diluita, dopo la forza petrosa di Dante, in una visione estenuata dall’impotenza di vivere.

I due personaggi si danno del lei, tenendo a distanza un parlare che così evita l’intimità e si fa straniata voglia di capire l’altro, che è altro da sé ma è anche sé. Lui è figura di passaggio, viaggiatore casuale che incontra Lei; ma anche lei è figura di passaggio, e l’incontro è casuale come tutto quanto nell’esistenza reale quando l’immaginazione prevale.

Il linguaggio della Or è trattenuto in una leggerezza che si fa ironica appena la malinconia rischia di superare la comunicazione; le parole sono scelte con cura, semplici e mai poetizzanti, con la volontà che il contesto abbia il compito di suscitare la poesia.

Un risultato di particolare suggestione, che ha portato il pubblico a partecipare al mondo onirico e pudico dell’autrice, sostenuta con bella coerenza dall’interprete maschile, Fabio Collepiccolo, nell’accorta, delicata regia di Mario Prosperi.