NUN SI PARTI!

pubblicato su SALTINARIA

Il testo di Maricla Boggio, racconta per visioni e suggestioni la storia di Maria Occhipinti. Maria si racconta dal carcere in uno spettacolo suggestivo ed emozionante, dove si alternano le figure degli uomini che l’hanno amata, ostacolata, emarginata. Una Ragusa evocata, sentita e raccontata anche attraverso immagini di repertorio e video-mapping. Ancora oggi nella sua città c’è chi crede sia stata ingenua, bizzarra nel suo folle gesto, chi mette addirittura in discussione la sincerità del suo racconto, perché, “ ha disturbato e disturba sempre con le sue scelte di vita, le sue scelte politiche.”

di Enrico Bernard

 

NUN SI PARTI

di Maricla Boggio

con Nicoletta Terra e Massimo Roberto Beato

Regia di Jacopo Bezzi

A poca distanza dal palazzo della Regione Lazio sulla Colombo, nel cuore dello storico quartiere della  Garbatella, è nato un sito teatrale e culturale poco istituzionale – per fortuna – e molto originale: si tratta dello Spazio 18 b fondato e diretto da due giovani protagonisti della scena romana e italiana, Massimo Roberto Beato e Jacopo Bezzi. Nel piccolo ma teatralissimo e delizioso ambiente, una bomboniera  che sarà dedicato alla drammaturgia contemporanea, ho assistito all’anteprima di nuovo lavoro di Maricla Boggio dall’insolito titolo Nun si parti  in procinto di  partire per una tourneé in Sicilia – prima tappa Ragusa.

Interpretato da Massimo Roberto Beato nel ruolo di un fool che assolve al ruolo di deus ex machina – ora angelo dagli scintillanti occhioni celesti, ora suora benedettina, ora narratore – e da una convincente e commovente Nicoletta la Terra, il testo narra per visioni e suggestioni la storia di Maria Occhipinti soprannominata appunto Nun si parti  la quale  fu protagonista di un drammatico episodio poco conosciuto della recente storia italiana.

Siamo nel periodo immediatamente successivo all’Armistizio. Il popolo festeggia la fine – almeno così crede e spera – della guerra e l’imminente ritorno dei soldati e figli superstiti, quando invece arriva la doccia fredda: il governo Badoglio ordina un nuovo arruolamento per creare un reggimento che affianchi le truppe alleate nell’Italia occupata dalle forze germaniche. L’intento è quello di poter tirar fuori la monarchia sabauda dalla vergogna della guerra al fianco del nazismo e di utilizzare qualche centinaia di morti sul tavolo delle trattative di pace.

Ma il popolo non ne può più della guerra e delle sofferenze: i giovani si rifiutano di partire, Nun si parti appunto: si ribellano, distruggono le cartoline rosa del richiamo militare, scendono in piazza, si oppongono insieme a madri, figli, spose all’arruolamento forzato. Una sorta di  Quattro giornate di Napoli all’incontrario, poiché sotto l’occupazione tedesca i rastrellamenti dei giovani servivano ad arruolamenti nella Repubblica Sociale o nelle fabbriche di guerra tedesche.  Nella rivolta spicca per coraggio la giovane Maria Occhipinti, ventitreenne sposata e incinta di cinque mesi che si stese a terra davanti alle ruote di un camion militare opponendosi alla nuova leva di giovani siciliani.

Non fu – beniteso – una ribellione contro il nuovo ordine del “piccolo Re” all’indomani del ribaltamento delle alleanze che seguì alla caduta di Mussolini: si trattò piuttosto  dell’espressione di una volontà di pace, di un grido di dolore contro le sofferenze patite, del desiderio di un ritorno alla normalità della vita senza più sangue, devastazioni, morti. Le forze politiche del tempo non compresero la vera natura di quei moti popolari: democristiani e comunisti impegnati nella Resistenza non vollero capire il significato dell’insubordinazione che rasentò l’insurrezione, il messaggio di pace che si levò dal popolo siciliano fu soffocato dalla necessità di combattere il nazifascismo ovunque e comunque. Fu messa così in atto una  repressione di quella che fu interpretata come un tradimento dei nascenti ideali della nuova Italia. Maria, soprannominata Nun si parti, fu riunchiusa insieme a donne di malaffare, povere vittime della povertà, di maternità indesiderate e sconvenienti o ad altre ritenute responsabili di reati, in un misero carcere femminile tenuto dalle suore che fungevano da bieche guardiane.

Dal carcere dove resta per alcuni durissimi anni – fino al 1947 perché per uscire deve aspettare un’amnistia che tarda ad arrivare per complicazioni burocratiche ed anche per una latente volontà di far pagare cara quella che venne considerata a lungo una diserzione – Maria si racconta  evocando i ricordi, le emozioni esprimendo tutto il senso di sconfitta e allo stesso tempo di rivalsa di una donna tra le donne, straniera nella sua stessa patria, perseguitata e incompresa.

Il testo di Maricla Boggio affascina e commuove perché si insinua nelle pieghe della storia sottraedosi alla freddezza del teatro-documento e tendendo piuttosto ad un genere inedito che potrei definire di teatro-evocazione, in quanto non si tratta di affrontare un tema storico, comunque di vasto interesse ed anche poco conosciuto in questo caso, bensì di utilizzare la Storia con la maiuscola per dare voce e filo narrativo a personaggi che di essa sono stati vittime, ancorché protagonisti. Qui si rivela  l’abilità drammaturgica di Maricla Boggio: nel trasformare un fatto, un evento in un sentire comune, in un compatire, in un percepire sulla propria pelle la grande tragedia della guerra.

La semplice ma ben strutturata regia di Jacopo Bezzi si aggancia opportunamente a questi slanci dell’anima, ai sogni infranti, alle speranze deluse, ai desideri e alle visioni di giustizia di Maria utilizzando lo strumento del deus ex machina e affidando la parte “didascalica” ai contributi video che andrebbero però ridotti per non spiegare o illustrare troppo. Il che potrebbe far diminuire  il godimento di un testo al contrario  mai troppo realistico o didascalico, capace di allentare il serrato racconto nelle pieghe del mondo fantastico dei ricordi di bambina, nelle tradizioni popolari, trascinando nel mito l’attualità, mutando il dramma personale  in tragedia collettiva sullo sfondo di una Sicilia in cui Clitennestra o Medea, Antigone o Elettra sembrano confondersi e fondersi nei tratti di questa eroina moderna: Nun si parti, al secolo Maria Occhipinti.

Teatro Spazio 18b

via Rosa Raimondi Garibaldi, 18/b, 00145 Garbatella, Roma