di Lev Tolstoj
adattamento Gianni Garrera e Luca De Fusco
con
Galatea Ranzi, Giacinto Palmarini, Stefano Santospago,
Paolo Serra, Mersila Sokoli, Irene Tetto, Francesco Biscione,
Debora Bernardi, Giovanna Mangiù
scene e costumi Marta Crisolini Malatesta
luci Gigi Saccomandi
musiche Ran Bagno
proiezioni Alessandro Papa
coreografie Alessandra Panzavolta
regia Luca De Fusco
Teatro Stabile di Catania, Teatro Biondo Stabile di Palermo
Roma, Teatro Quirino 12 dicembre 2023
Maricla Boggio
La storia esemplare di Anna Karenina nobildonna russa di quasi due secoli fa, nella drammaturgia di Luca De Fusco diventa senza sforzi emblematica di sentimenti, passioni, pentimenti e pensieri dell’oggi.
A utilizzare una “tecnica mista” fra l’interpretazione dei personaggi e l’enunciazione delle loro azioni o dei loro pensieri tenendo in mano lo svolgimento complessivo del complesso romanzo, Luca De Fusco consente all’intera narrazione di mostrarsi con evidenza allo spettatore immedesimandolo nella vicenda.
Oltre alla duplice narrazione drammaturgica e letteraria, con volute sottolineature dell’interiorità dei personaggi, in contraddizione con l’enunciazione verbale delle loro azioni, De Fusco si avvale, come è sua preferita caratteristica sperimentata più volte in altri spettacoli, di proiezioni sia a colori che in bianco e nero. Splendida è l’introduzione del ballo a cui partecipa, appena arrivata in treno alla casa del fratello – Stefano Santospago -, Anna Karenina – Galatea Ranzi -: in questo volteggiare di mazurche avviene l’incontro fatale con il soldato Vronskij – Giacinto Palmarini -, che in quell’attimo prende entrambi in una passione travolgente, che supererà ogni perbenismo, ogni costrizione di coppia, ogni giudizio negativo di quella società a cui l’idea del tradimento ripugna impedendo qualunque riparazione compreso l’odiato divorzio. Ciò che rende attuale la pur datata vicenda – che tale deve rimanere nella rappresentazione per risultare credibile – è l’interiorità dei personaggi, quel loro appellarsi al perdono, al richiamo a Dio, ai valori familistici declamati e contraddetti nella propria interiorità, mentre la società procede impavida vantando la sua efficienza e rifiutando ogni cambiamento voluto dai sentimenti. I quali sentimenti – ed ecco un elemento del tutto moderno – dal momento in cui sono dettati dalla passione a quando la passione è sfogata nel desiderio appagato, spariscono come nebbia al sole, diventano un peso noioso alla propria libertà, e diventa una necessità fingere la durata nella passione e nella volontà di perdono. Ciò che importa è l’apparenza, e Luca De Fusco con grande perizia si avvale anche qui, oltre che di una recitazione incisiva e dimostrativa di tutti i personaggi, di una interpretazione quanto mai epica da parte di Galatea Ranzi che in particolare nel monologo che conclude il testo con la sua morte sotto il treno, denuncia i soprusi della società in cui è costretta a vivere, non riuscendo più a sopportare la finzione a cui questa società la costringe. In questo monologo appare ingigantita da un suggestivo primo piano in bianco e nero, Anna – Galatea che soffre la sua condizione a cui non può più aderire, fino alla tragica conclusione. E qui, in un silenzio assordante, si chiude in senso quasi religioso la storia di Anna. Pare che Tolstoj avesse letto in un giornale di una giovane che si era buttata sotto il treno per la disperazione di una vita sciagurata. Da quello spunto il grande artista aveva ricavato la storia. Ecco come si può, anche da un fatto di cronaca, creare un capolavoro, purché ci sia l’artista che sa scriverlo. Condotta con mano leggera da Luca De Fusco e scandita da scene episodiche, la rappresentazione avvince gli spettatori annullandone la lunghezza attraverso l’intero spettacolo.
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