PPP ULTIMO INVENTARIO PRIMA DI LIQUIDAZIONE

Ricci 1 IMG_3678drammaturgia ricci/forte

regia Stefano Ricci

con

Giuseppe Sartori

Anna Gualdo, Liliana Laera, Catarina Vieira, Emilie Flamant, Capucine Ferry

movimenti Francesco Manetti

scene Francesco Grisu

costumi Gianluca Falaschi

ambiente sonoro Andrea Cera

produzione ricci/forte e CSS Teatro stabile di innovazione del Friuli Venezia Giulia

in coproduzione con Festival delle Colline Torinesi

Teatro Argentina, Roma, 14 giugno 2016

 

Maricla Boggio

E’ davvero un inventario quello che ricci/forte esibiscono nel loro ultimo spettacolo, dedicato a Pasolini nel suo complesso di autore critico della società in cui si è trovato a vivere, indignato nei confronti delle ipocrisie del potere, ma anche delle adesioni ad esso da parte individuale. Forse per la prima volta nei loro spettacoli la parola sorge come privilegiata rispetto al contesto espressivo, e viene affidata a Giuseppe Sartori, diploma della Scuola del Piccolo Teatro e Ecole des maîtres, che delle parole di Pasolini offre una scandita e partecipata comunicazione, a partire da quell’inizio sofferto in cui appare carico di un enorme e pesantissimo copertone di camion, ma imbiancato, come se vi si fosse adagiato un sogno a rendere tutto evocato e ripensato.

Le immagini si susseguono, nell’emergere di un’infanzia in cui il mare e la madre e il mare madre assurgono a sollievo e speranza. Ma l’uomo diventa poi silente, mentre invadono la scena cinque  scatenate ragazze irridenti, che si muovo distonicamente – i movimenti sapientemente adeguati al disagio sono di Francesco Manetti – e animano lo spazio con una serie di concertare figure distorte, con risa denigratorie – poco si capisce delle loro parole, sia per i vari linguaggi che per la violenza sonora -; portano ciascuna un copertone imbiancato come un peso che grava sulla loro esistenza, e comprime ogni possibilità di reazione. Nelle varie azioni che si susseguono, si intuisce uno stupro che viene iterato da tutte con quel copertone che diventa a sua volta elemento di violenza, mentre tutte insieme le donne urlano impotenti a liberarsi da quel peso incombente.

Altre scene si avvicendano in un clima di sottesa violenza, che appare all’inizio come un gioco mistico o festoso, per poi scatenarsi in tutta la sua opposta violenza. Così le donne velate che recano una candela accesa, come in una processione, diventano poi spose felici di abbracciare il loro marito gettando ad una delle amiche il mazzo tradizionale – tutte le candele insieme sono adesso un bouquet –, ma da quella superficiale gioia degna di un marriage borghese emerge poi la violenza alle donne, dove l’uomo si trasforma in aguzzino che le trascina per i capelli e le sbatte a terra come una preda di caccia. E così via.

Rispetto a quanto nel corso degli anni abbiamo visto di ricci/forte, questo spettacolo, come già il precedente, dimostra, almeno nella nostra interpretazione che  ne apprezza il lavoro, un momento di ricerca di un linguaggio diverso, forse da sentire come adeguato allo sconcerto attuale per ogni valore, ogni iniziativa, ogni progetto. Rispetto all’irruente flusso di vita che mettevano in scena in spettacoli rimasti memorabili, qui si avverte una difficoltà, un sentire che anche Pasolini – diciamo “forse” – non riesce a trovare la parola che aiuta a superare l’impasse di un tempo incerto e sconcertante. Rimane l’omaggio allo scrittore che ha intuito prima di tanti altri le difficoltà del tempo. Ma bisogna anche dire che, per quanto profeta, le sue riflessioni risalgono a quasi cinquant’anni fa.

Si apprezza così, come un tributo davvero dovuto, che, dopo tanto agitarsi e rendere per simboli, di nuovo l’Attore ritrovi la parola del Poeta,

“… Ma io, con il cuore cosciente

di chi soltanto nella storia ha vita,

potrò mai più con pura passione operare,

se so che la nostra storia è finita?”

per poi abbattersi a terra, nudo e senza difese, mentre gli viene colata addosso quella sorta di magma bituminoso – “Petrolio” – a  coronare di un ultimo simbolo la parabola pasoliniana.