SATYRICON

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di Francesco Piccolo ispirato a Petronio

regia Andrea De Rosa

con Antonino Iuorio

Noemi Apuzzo, Alessandra Borgia, Francesco Cutolo, Michelangelo Dalisi,

Flavio Francucci, Serena Mazzei,  Lorenzo Partotto, Anna Redi, Andrea Volpetto

scene e costumi Simone Mannino

disegno luci Pasquale Mari

sound designer G.U.P. Alcaro

coreografie Anna Redi

produzione Teatro Stabile di Napoli – Teatro Nazionale, Teatro di Roma,

Fondazione Campania del Festival – Napoli Teatro Festival Italia

Roma, Teatro Argentina, 22.11.19

Maricla Boggio

Assai complesso questo spettacolo dall’apparenza giocosa, che Andrea De Rosa firma su di un testo di Francesco Piccolo, che parte dal famoso “Satyricon” di Petronio, autore romano costretto al suicidio nel 66 dopo Cristo, forse per essere stato coinvolto in una congiura contro Nerone. Lo spettacolo è andato in scena nella scorsa estate a Pompei, e nessun luogo avrebbe potuto essere più adatto per richiamare la famosa cena di Trimalcione a una sua rivisitazione in chiave attuale.

Tanti i riferimenti che Francesco Piccolo mette a punto per suggerire la modernità di quella visione della vita, dove la volgarità e la superficialità si intrecciano con l’intento di delineare un mondo di disvalori dall’apparenza trionfante.

L’inizio è felice, perché davvero rispecchia il linguaggio e il non-pensiero dei giovani d’oggi: “Che facciamo?” è la frase che si lanciano i tre al centro della ribalta, fra la scena e gli spettatori, quasi tramite l’una degli altri. Quel “Che facciamo?” ripetuto ossessivamente sta a snaturare ogni ipotesi del fare, in un nulla che anticipa il nulla successivo, del complesso e variegato popolo degli intellettuali svagati, delle signore dell’alta società, dei detentori del denaro e del potere che si incontrano e si interrogano su che cosa fare.

La festa è il punto di riferimento per tutti. Ma quale festa? La scelta sbagliata determina l’infelicità, il rimpianto, la lite per l’impatto negativo che prelude a una tragedia esistenziale.

Otto gli attori sempre in scena, tenuti insieme da un ritmo continuato che incalza il loro dire, ciascuno portatore di tematiche che costituiscono il panorama del ”mondo che conta”. E intanto il grande ospite troneggia al centro, su di un water d’oro, declamando i nomi delle portate di quella mitica cena, enorme e ondeggiante approfittando del suo fisico ideale per la parte, Antonino Iuorio, in romanesco fortemente accentuato, mescolando i nomi più bizzarri di quei cibi elencati al racconto della sua esistenza di schiavo legato a un padrone che lo ha allevato nel vizio per sé e per la moglie, lasciandolo poi erede dei suoi immensi beni. L’elogio del denaro, e del piacere del denaro rispetto ad ogni altro genere di godimento è il punto centrale di questo discorso che si fa sotterraneamente critico dell’oggi,

dei suoi falsi scopi, della sua politica corrotta, della sua vuotaggine nelle tematiche dalla pretesa aspirazione all’intellettualità.

Davanti, protesa verso la platea, la figura della eterea Noemi Apuzzo in una nudità glaciale e gentile assiste senza parteciparvi alle ritmate esibizioni degli otto, sempre più sfrenati nelle loro elucubrazioni con cui si illudono di contare in un mondo sempre più votato al disastro, ambientale, morale, civile e quant’altro. Parla soltanto, la lunare creatura, quando commenta l’amore per gli animali, la fedeltà dei cani, il loro disinteresse verso le qualità o i difetti del padrone. Il contrasto è forte. Anche Trimalcione, disceso dal suo stallo dorato, ne viene affascinato, traendone per un attimo una parvenza di purezza nel contatto con lei. Un fiume di schiuma eruttata dal water invade poi la scena inseguendo i disperati e sorpresi protagonisti; ma Trimalcione allacciato alla giovane creatura se ne allontana e preparerà il suo funerale con tanto di taglio dei polsi proiettato sul fondo dorato con ampi segni sanguigni. De Rosa regge lo spettacolo con mano sicura nei ritmi e nei tempi, forse con una lunghezza un po’ ripetitiva una volta che si è afferrata la validità dell’assunto, su cui si dovrebbe davvero meditare.