SE QUESTO È UN UOMO

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di Primo Levi

reading a cura di Daniele Salvo

con Daniele Salvo Martino Duane

Patrizio Cigliano Simone Ciampi

scene Fabiana Di Marco

costumi Giovanna Stinga

luci Luca Palmieri

audio Fabrizio Cioccolini

elaborazione immagini video Michele Salvezza

Roma, Teatro Ghione, 6 marzo 2019

Maricla Boggio

Sarebbe riduttivo definire spettacolo “Se questo è un uomo” che Daniele Salvo ha realizzato insieme a tre attori in sintonia con l’interpretazione da lui indicata per questo che chiama “reading”, dove gli interpreti si avvicendano ai leggii servendosi di copioni. In realtà “reading” è un modo per evitare il termine equivoco di una spettacolarizzazione che la materia trattata rifugge.

Il libro che Primo Levi scrisse dopo essere tornato da Auschwitz –, lui lo pubblicò a sue spese in quanto Einaudi subito lo respinse, forse per quel senso di rifiuto che le cose troppo terribili incutono, e lo accolse poi, dopo essersi reso consapevole dell’importanza che quel racconto conteneva, per far conoscere quel mondo di orrori a quanti lo ignoravano, e perché si sapesse ciò che mai più avrebbe dovuto accadere. E una liberazione per sé stesso, prima che un racconto per gli altri, Levi scrisse nella prefazione, motivando il libro.

Daniele Salvo non si è limitato a rendere alla parola di Primo Levi la forza della rievocazione, ma l’ha resa reale in una presentificazione realizzata attraverso un modo di essere degli attori – fra cui lui stesso – che via via si facevano prigionieri e nazisti, flebili interpreti dei tanti morituri e torturatori scatenati:

il susseguirsi dei ruoli ne evidenziava lo straniamento, per cui ogni più forte realismo si mutava poi in epicità dimostrativa.

Così, in un avvicendarsi di episodi che Salvo ha chiamato “canti”, si snoda la tragica sequela della vita nel lager, dove emerge la figura di Primo Levi nel suo febbrile tentativo di mantenere con ogni sforzo la dignità umana che la brutalità nazista tenta di annullare reificando ogni individuo.

Il teatro possiede questa misteriosa virtù, di scatenare attraverso la parola non gettata al vento il contatto con chi ascolta fino a fargli condividere quanto si dice in scena. Ed è importante che da un personaggio negativo, come il capo SS dalla crudeltà sovrumana che Martino Duane fa vivere con pochi elementi – un berretto, un bastone – , questo stesso attore si faccia poi narrante tremulo e consapevole della tragedia di cui è parte innocente. Così come nelle varie sfaccettature della paura e della speranza si mostri la duttilità espressiva di Patrizio Cigliano, e Simone Ciampi si faccia rigido interprete dei nazisti per poi sciogliersi in un seduttivo e benigno compagno di prigionia dall’accento francese.

La lettura del libro di Primo Levi, come anche di altri scritti dell’autore di cui qua e là emergono momenti e riflessioni, ha spinto Daniele Salvo ad andare di persona a visistare un lager, fotografando quei luoghi ormai fissati nella memoria collettiva, ma ancora vivi della sofferenza di allora continuamente  rinnovata. Ne sono risultate numerose immagini che fanno da sfondo al racconto degli attori rafforzandone dimostrativamente la realtà.

Nella scansione degli episodi, Daniele Salvo ha creato la forza inarrestabile dei “canti”, tappe di un percorso di morte non rassegnata, perché, nonostante i milioni di sacrifici umani, qualcuno, come Primo Levi, è rimasto a testimoniare perché tali ignominie non si ripetano nel futuro.

E non poteva che essere l’evocazione, frammentaria, confusa ma vivida nel suo significato, del dantesco “il canto di Ulisse” a riscattare dalla condizione di bruti quel poco di umano che Levi cercava di mantenere. Quei versi, pronunciati con difficoltà a ricordare, nella misera condizione in cui si trova, per comunicare al compagno con cui sta andando a prendere la zuppa la dignità che distingue chi è umano da chi vi ha abdicato:

Considerate la vostra semenza:

Fatti non foste a viver come bruti,

Ma per seguir virtute e conoscenza.

 

mette in evidenza il potere sovrumano della poesia, quel Dante che nella Divina Commedia in qualche modo ha riprodotto tanti secoli prima una serie  di gironi ben applicabili ai nazisti, dove si trovano i dannati e quelli che invece devono essere i salvati. E con l’intuizione che deriva dal trovarsi davanti a una spiritualità che distingue l’uomo dal bruto, Levi e il suo compagno si sentono per un attimo fuori dal lager, nel mondo degli esseri umani.

L’iniziativa di questo reading, anche portato agli studenti di numerose scuole, è di grande utilità per i giovani che oggi non sanno, e talvolta ignorando consentono con incoscienza che riemerga in movimenti dal fascino esoterico la brutalità indicibile del nazismo, ancora appostata e viva.