SEI PERSONAGGI IN CERCA D’AUTORE

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di Luigi Pirandello

con Carlo Valli, Selene Gandini, Alberto Mariotti, Giorgia Ferrara,

Barbara Begala, Martino Duane, Giuseppe Rispoli, Maria Chiara Centorami,

Roberto Mantovani, Germana Di Marino, Francesco Iaia, Alessandro Gorgoni.

scene Fabiana Di Marco

costumi Daniele Gelsi

actor Coach Melania Giglio

adattamento e regia Daniele Salvo

Teatro Ghione, Roma, 24 febbraio 2017

Maricla Boggio

In questo “Sei personaggi”, ci sono, individuati da Daniele Salvo, alcuni punti di forza nel suo adattamento che, rispettando il testo relativo ai sei personaggi dell’invenzione fantastica e agli attori della compagnia, si libera sveltamente della scena iniziale – le prove su di una commedia dello stesso Pirandello, che consente all’autore, con uno di quei “ragionamenti” a lui cari nei suoi drammi, ironizzando su se stesso di prendersi gioco di autori e registi; ma nell’ottica di Salvo, si tratta di una semplificazione che consente di arrivare prima al nocciolo della questione.

I punti di forza, secondo me, sono da segnalare nella forte tenuta del Padre – Carlo Valli con granitica passione – che sottende l’intera struttura del gruppo evocato, appartenente alla creazione fantastica, coadiuvato, in una sorta di intesa espressiva, dalla virulenta forza trascinante della Figliastra di Selene Gandini, e dalla figura del Figlio – l’intenso Alberto Mariotti – , non mai capito abbastanza nelle varie regie, che si staglia qui in tutta la sua originalità di personaggio che non vuole esistere e che proprio in questa volontà di non esserci si impone con moltiplicata intensità.

Di notevole impatto spettacolare è poi l’apparato della rappresentazione iniziale, fatta di moderni e sonorizzanti impasti musicali, che creano intorno alla figura del Capocomico – Martino Duane con straniata impositività talvolta  grottesca –  una sorta di contenitore distonico rispetto ai Sei in arrivo.

Daniele Salvo ha cercato di spremere dal testo ciò che di più attuale vi potesse essere, nell’eterno interrogarsi umano della propria identità, tradita dall’effimero e illusa da una quotidianità talvolta illusoriamente gratificante. Lo ha fatto adottando più stili interpretativi, non tanto nella recitazione degli attori, tutti  rigorosamente impegnati nei loro ruoli e coerenti al proprio personaggio, quanto in un contorno figurativo, sempre di bell’effetto, che si compiace talvolta di effetti estemporanei nella scelta delle luci, delle musiche, delle invenzioni scenografiche, e pur sull’insistenza dell’incesto a cui una Madama Pace un po’ “en travesti” offre atteggiamenti da classico casino, o nelle divagazioni di una Figliastra in altalena a cullare la Bambina vittima predestinata. Elementi debordanti rispetto allo spettacolo ideato, che si regge su più efficaci e pertinenti  soluzioni  registiche.