SEI PERSONAGGI IN CERCA D’AUTORE

di Luigi Pirandello

regia di Giulio Bosetti

compagnia del Teatro Carcano fondata da Giulio Bosetti e diretta da Marina Bonfigli

con Antonio Salines Edoardo Siravo Valentina Bardi Paola Rinaldi Michele Di Giacomo

e con

Anna Canzi Cristina Sarti Giovanni Argante Daniele Crasti Vladimir Todisco Grande Gabriella Casali Alessandra Salamida

Costumi di Carla Ricotti

Musiche di Giancarlo Chiaramello

Movimenti mimici di Marise Flach

Roma, Teatro Parioli Peppino De Filippo

28 novembre 2013

Maricla Boggio

Sarebbe inutile raccontare trama e vicende di questo testo celebre e rappresentato innumerevoli volte in edizioni le più disparate, in Italia e all’estero a partire da quella del 1921 che al Teatro Valle di Roma suscitò dissensi e contrasti per poi approdare a un sicuro e crescente successo specie per l’apprezzamento ricevuto all’estero, in Francia, Germania, Inghilterra, tornando poi in Italia con il sostegno attinto, oltre che al teatro, alle teorie psicoanalitiche emergenti dal primo Freud.

Mi interessa qui segnalare uno spettacolo degno di essere visto, goduto e meditato. Uno spettacolo che è passato attraverso decenni di stagioni, con la firma di Giulio Bosetti che, amandolo molto, lo diresse imprimendovi anche la sua cifra interpretativa nel personaggio del Padre, mentre la Madre è stata Marina Bonfigli, compagna dell’attore, che ora ne prosegue l’impegno dirigendo la compagnia che produce lo spettacolo.

Dico questo perché la rappresentazione mantiene fedelmente la cifra della scrittura, senza voler fare a tutti i costi vanto di novità, come spesso avviene con attori di oggi che vogliono mettere in scena testi celebri ma intendono inserirvi una loro interpretazione, spesso, più che  nuova, pretestuosamente affidata a qualche ideuzza.

Qui di ideuzze non ce ne sono, a rischio di far dire allo spettatore esperto, “Ah! questo testo già lo conoscevo!”. Ma in questo ritrovare il testo sta la bellezza di un’interpretazione che mantiene solido il dettato di Pirandello. Il frantumarsi dell’individuo incapace di consistere solidamente, la crisi di un’identità che cerca un sostegno al dileguarsi di ogni verità e forse lo trova nel personaggio, sempre fisso a sé, mentre l’essere vivente muta, e sfugge a se stesso.

Tutto l’ampio svilupparsi della vicenda-non vicenda dei sei personaggi, il loro ritrovarsi a una prova mattutina di una compagnia che prova una commedia di Pirandello da loro deprezzata, in un teatro vuoto – e gli spettatori devono quindi fingere di non essere lì seduti ad ascoltare, a vedere, che bella trovata teatrale!- verrebbe quasi da riflettere che Pirandello l’abbia messo in atto soprattutto per far da corona a quel meraviglioso personaggio del Padre che in una battuta assai più di un monologo dice tutto lo strazio di ogni uomo vivente, non soltanto di lui in quanto protagonista di una stramba vicenda familiare. Questo Padre grida la propria angoscia disperata di essere rimasto fissato in un momento della sua esistenza, giudicato per sempre in quell’attimo di miseria umana, non considerato in tutta la ricchezza tormentata della sua intera umanità. Talvolta si è davvero portati a entrare in tutta una commedia per poi fissarsi su di un punto e su di una sua battuta, che vale tutta la storia. Pirandello seguiva l’affermarsi delle teorie relative alla personalità nel suo manifestarsi sfaccettato, all’impossibilità di considerare l’individuo come un tutto unico, coerente nel suo sviluppo, e avvertiva le crisi di identità, il mostrarsi a tratti di un io sommerso e talvolta inconfessato. Di queste riflessioni ne emergono in “Sei personaggi”, e nella presente edizione soprattutto per merito di Antonio Salines che del Padre offre una dimensione fortemente naturalistica, al punto da staccarsi dalla sua personalità di attore diventando “quel” Padre e straniandolo quindi da di chi lo interpreta. E’ evidente che quanto ho scritto vale perché il contesto sostiene questa lunga battuta e la rende plausibile. Il personaggio della Figliastra – una Valentina Bardi agra e colpevolizzante – gli è di contraltare nella rabbia non domata, così come ne costituisce l’opposto la figura della Madre tutta sensi e sofferenza irrazionale – una dolente e madonnesca Paola Rinaldi -; figura a sé il Figlio –  Michele Di Giacomo, rigido e scostante nell’invenzione geniale di Pirandello, che lo mette in scena contro la sua volontà di essere personaggio -, fino al gruppo querulo e banalizzante sullo stile di un’epoca frivola degli Attori capeggiati da un sornione Edoardo Siravo.

Vedere questo “Sei personaggi” fa sentire di essere a Parigi o a Londra. Auguri, gli spettatori seguivano incantati, cosa che spesso di questi tempi non accade a teatro.