STANNO SUONANDO
LA NOSTRA CANZONE


di Neil Simon
con Giampiero Ingrassia e Simona Samarelli
musiche di Marvin Hamlisch
scene di Alessandro chiti
coreografie di Stefano Bontempi
light designer Valerio Tiberi
direzione musicale Giovanni Maria Lori
regia di Gianluca Guidi

Teatro Sistina di Roma, 3 aprile 2012

Giorni fa ragionando con me della situazione del teatro italiano, Angelo Longoni rifletteva sull’esigenza, che emerge da parte del pubblico, di commedie rivolte a divertire. E cercava di indagare sulla possibilità di catturare l’interesse degli spettatori attraverso lavori che pur divertendo prospettassero delle tematiche solide, che inducessero ad entrare nelle problematiche del nostro tempo: è quanto lui sta cercando di fare, come anch’io sviluppando situazioni che al divertimento uniscano l’invito a pensare, a sentirsi partecipi; e in modi analoghi, ormai collaudati da parecchie commedie, scrive Gianni Clementi con il suo mondo romano che affonda nella storia della città privilegiando per metafora situazioni di qualche decennio fa. Detto ciò, non si vuole escludere il divertimento puro e semplice, una sorta di vacanza mentale per staccarsi del tutto dai problemi contingenti.
E’ quanto ha fatto il regista Gianluca Guidi allestendo con leggerezza la commedia dell’espertissimo Neil Simon che negli anni Ottanta ha avuto un successo indiscutibile a Broadway e a Londra. Ha scelto per interpretare il compositore di canzoni di successo e la giovane paroliera tanto nevrotica quanto graziosa una coppia di attori-cantanti di alta professionalità, e quanto costituisce il contorno per la vicenda amorosa e lavorativa dei due: una scena – di Alessandro Chiti – simbolicamente improntata all’ambiente del musicista, con tanto di dischi giganteschi a far da pareti; un doppio trio di “performers” nei momenti di particolare impegno canoro e danzante; una struttura musicale di forte impatto sonoro a riproporre le musiche originali. E, nel rispetto di tanto impegno, davvero Giampiero Ingrassia e Simona Samarelli lavorano benissimo, con una fluidità di dialogo ed una complementarietà di presenza degni di plauso.

La gente del Sistina ha le sue aspettative, passare una serata di svago; forse non la preoccupa che nelle pieghe dello spettacolo non si nasconda qualche doppia verità, al di là della crisi dei protagonisti circa un rapporto amoroso contrastato, oltre che dai loro caratteri assetati di continua analisi, anche da un ex fidanzato della giovane paroliera, che si è legata per la vita e per il lavoro al musicista Vernon ma che è rimasta prigioniera con complessi di colpa dell’antico rapporto. E forse a questo pubblico che a teatro ci va, forse, per antica abitudine agli splendidi spettacoli di Garinei e Giovannini, le canzoni che sottendono l’intera vicenda richiamano antiche serate piacevoli. Ma guardando in giro, durante la rappresentazione, si son visti parecchi volti assenti, talvolta dormenti, anche se poi gli applausi, meritatissimi, agli attori cantanti e ballerini sono stati scroscianti. C’è allora qualche cosa che non va. Il testo risente dei quarant’anni trascorsi: difficile pensare oggi ad una ragazza così legata ad uno stereotipo femminile e ad un uomo così cedevole ai suoi capricci, lusinghe e sciocchezze; né la datazione si fa critico ripensamento di un’epoca appena trascorsa. Manca astuzia, risvolto psicologico, credibilità; occorre, per lasciarsi andare a questo bel prodotto professionale, accettare la convenzione di una love story in cui la conclusione è inevitabilmente prevista. Il Sistina, che gode di un pubblico solido e benestante, potrebbe forse rischiare la novità di una commedia musicale nuova, italiana, affidata a qualcuno che possa mettere in scena una bella coppia di oggi. Storie da inventare ce ne sono tante, di certo stuzzicanti e magari anche – almeno un poco – problematiche.