TEMPI NUOVI

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scritto e diretto da Cristina Comencini

con Maurizio Micheli e Iaia Forte

e Sara Lazzaro e Nicola Ravaioli

scene Paola Comencini

Costumi Antonella Berardi

Enfi Teatro Produzione di Michele Gentile

Teatro Stabile del Veneto – Teatro Nazionale

Roma, Teatro Ambra Jovinelli, 27 febbraio 2019

Maricla Boggio

È una sintesi di alcune fra le problematiche di cui più si parla oggi, il testo che con garbata ironia Cristina Comencini confeziona, dalla ideazione alla scrittura alla messa in scena, scegliendo attori che forse ha pensato già prima, quando scriveva, tanto sono adeguati ai loro personaggi.

C’è un padre professore e intellettuale – Maurizio Micheli – poco esperto di computer, la cui vita si svolge all’interno di una gigantesca biblioteca, che  cerca l’aiuto del figlio in fase di maturità liceale per rimediare alla scomparsa, nel suo Apple, di documenti in via di elaborazione.

C’è il figlio – l’attore Nicola Ravaioli – che, disinibito sessualmente – con le compagne “turna” fra amicizia e rapporti di sesso alternando le ragazze, altrettanto disinibite come i ragazzi,  si fa vanto di appartenere a una generazione ben più avanzata di quella del genitore, vecchio e, secondo lui, sia pure con affetto, rincoglionito.

C’è una madre interpretata da Iaia Forte – più giovane del marito, che lavora come giornalista e si è fatta esperta di computer, cellulari e usi vari di internet, che, maternamente o quasi, tenta di indottrinare il consorte in difficoltà.

E c’è una figlia – l’attrice Sara Lazzaro -, laureata in storia dell’arte ma scontenta e del lavoro e del rapporto con il fidanzato, che a un certo punto rivela di aspettare un bambino, non lei direttamente ma quasi, dal momento che è la sua compagna ad aspettarlo, con l’apporto di un seme acquistato da una banca, per non avere problemi di paternità e tenersi il nascituro tutto per loro.

Ce n’è quanto basta per dispiegare tutta una serie di interrogativi, morali, etici e sociali, che consentono al pubblico di sentirsi coinvolto nella riflessione su tali temi, al tempo stesso avvertendo il senso di una trasgressione che ormai è passata perfino nelle decisioni della magistratura e nel consenso dei sindaci riguardo al riconoscimento di bambini figli di due persone dello stesso sesso. È la capacità di protrarre la rivelazione inattesa a dare fiato alla commedia, soprattutto riguardo alla reazione del padre professore, che si paventa il più contrario a un cambio così repentino della tradizione famigliare che prevede un padre Nel frattempo, questo professore ha deciso un cambiamento radicale di vita. Quelle pareti ricoperte di libri, dello studio dove vive e lavora da sempre,  le si ritrova con gli scaffali  svuotati di quel tanto sapere a cui ha rinunciato, vestendosi da ragazzetto e sfrenandosi in ogni più addentrata conoscenza dei segreti di internet, tanto da stupire perfino la moglie e il figlio, sapientissimi di tali marchingegni. Il cambiamento un po’ repentino funziona come sorpresa del pubblico, ma va un po’ a scapito di una attendibilità del personaggio, incasellato com’era in un clima borghese di solida tenuta, nonostante gli sbalzi decisionali della figlia.

È la bravura attorale di Micheli a sostenere il cambiamento del personaggio, che a differenza degli altri, pur aderenti ai loro ruoli – prima fra tutti Iaia Forte fra modernità e sentimento, passione per il nuovo e malinconia per il vecchio – riesce, con quella sua recitazione “snaturalistica” in cui un’epicità brechtiana si fonde con una più che naturalistica adesione dialettale – chi non ricorda “Mi voleva Strehler”? – stabilendo con gli spettatori una corrente di assoluta simpatia. E così, quando questo professore tiene fra le braccia il neonato cullandolo amorosamente, incurante delle motivazioni ad averlo fatto nascere, ai perché e ai per come, al diritto a un comportamento o a un rimando futuro alla paternità da cui proviene, scoppia l’applauso perché questo finale, un po’ tirato per i capelli e arrivato molto in fretta, ha il pregio di ristabilire i diritti di un’umanità bisognosa di affetti.