TENDER NAPALM


di Philip Ridley

regia di Massimiliano Farau
con gli allievi del II anno
dell’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio D’Amico”
in collaborazione con il Teatro di Roma
e l’insegnamento di Storia del Teatro Inglese del Dipartimento di Studi Europei, Americani ed Interculturali dell’Università La Sapienza di Roma
scene di Bruno Buonincontri
collaborazione drammaturgica Andrea Peghinelli
training vocale Jeffrey Crockett
training fisico Francesco Manetti

E’ davvero una splendida occasione, per dei giovani allievi, quella di lavorare con Massimiliano Farau, docente di interpretazione all’Accademia; non solo per la sua perizia tecnica, profondità culturale e sensibilità artistica del loro regista, ma perché essi, come gli allievi degli anni precedenti, sono posti di fronte ad un lavoro che permette di scavare nelle loro potenzialità espressive attraverso brevi composizioni sostanzialmente di ugual peso per ciascuno, contribuendo ad un risultato di insieme che ne esalta le capacità.
Perché l’intera classe di recitazione è stata impegnata nella rappresentazione di “Tender napalm” di Philip Ridley, autore inglese quasi giovane come i ragazzi che ora lo interpretano; a due a due, in due diverse distribuzioni, tutti quanti gli attori si sono cimentati nei dialoghi che compongono il testo.

Questo testo, scelto da Farau quest’anno appartiene, come già altre volte, alla drammaturgia contemporanea inglese: un teatro di giovani e non soltanto per giovani, in cui si riflette l’esistenza attuale percorsa di crisi, ossessioni, stravolgimenti quanto mai radicati nell’adolescenza che ne ha ben ragione di sentirsene addosso il peso. L’immedesimazione di giovani attori in queste tematiche produce un effetto forte nell’interpretazione che ne segue. E poiché in questa nostra globalità non sono poi tanto differenti i giovani inglesi da quelli di altre nazioni, Italia compresa, la rappresentazione che Farau crea attraverso la scrittura di Philip Ridley riesce anche a rappresentare il nostro universo esistenziale. Farau è uno studioso, fin dall’università, del teatro inglese, e fa bene a proseguire in questa sua scelta anglofila che arriva alle ultime produzioni drammaturgiche. Rimane l’interrogativo sul perché non si possa fare altrettanto per una drammaturgia italiana, da parte di altri registi. Credo che, cercando fra i tanti autori che attualmente sono impegnati nella scrittura da noi, ci sarebbe da rappresentare qualcosa di interessante. Ci auguriamo quindi che in futuro si possa aggiungere alla drammaturgia inglese, messa in scena non soltanto in Accademia, ma anche da compagnie professionistiche, quella italiana.

Il testo di Ridley ha una suo fascino, come tutto quanto riguarda i giovani e le loro crisi adolescenziali, che muovono a tenerezza e a stupore. E già il titolo, che si contraddice volutamente in quella tenerezza che accompagna il “napalm”, ne suggerisce l’andamento e lo sviluppo.
Scritto per una coppia di giovani, un ragazzo e una ragazza, apparentemente si manifesta come un dialogo amoroso. Ma i due ragazzi non si dicono parole d’amore, né cercano contatti sensuali, né fantasticano su di un avvenire comune magari difficile, ma carico di promesse. No. Essi si provocano con toni e parvenze tenere, proponendo l’inserimento di proiettili in bocca all’amata – lui – o una bomba nel didietro di lui – lei -, in una alternanza che si sviluppa in un crescendo di prevaricazioni a chi manifesta maggior crudeltà, senza mai perdere il tono leggero, di sfida erotica. Così dall’oggetto distruttivo si passa al luogo pauroso, un’isola devastata dallo tzunami, con tanto di descrizioni terrificanti; poi sono animali che incutono schifo e angoscia ad insinuarsi nella descrizione onirica che incombe fra i due. Serpenti marini che mordono, scimmie arrabbiate che devastano ogni cosa, e balene gigantesche, marosi infuriati e via dicendo, in un gioco a massacrarsi di paura che non ha fine nel crescendo della fantasia. Non solo più animali e paesaggi, ma la scomparsa della galassia che porta via con sé ogni esistenza, e poi le radiazioni che distruggono definitivamente. E tentacoli mostruosi che come spade affilate si combattono dall’uno all’altro, moltiplicandosi come un incubo notturno…
Farau ha affidato ogni nuova invenzione ad una coppia, diversificandole nel contrasto reciproco, in una serie di tipologie che vanno dal crudele al bambinesco, dal raffinato al torbido e così via. Il racconto terroristico si placa nell’ultima scena dove una nuova coppia si gode una festa di compleanno in un bellissimo giardino. E così tutti i mostri visti prima come attentatori della vita si impiccioliscono teneramente nella vasca con gli zampilli, nella roccia a forma di balena, nel piccolo monumento di pietra che decora il paesaggio di verzura. Ma anche qui, dove i mostri sono scomparsi e la vera tenerezza pare invadere dolcemente i due giovani, è di nuovo la realtà a inarcarsi di terrori: si profila la morte per malattia di un padre, la povertà alle soglie del futuro, la difficoltà di incontrarsi ancora…
Bello, nella regia di Farau, l’abbraccio tenero e fremente, timido e appena tentato, dei due che cercano una forse possibile unione a sostegno reciproco e, chissà, con un vero trasporto d’amore. Ma, inesorabile, Ridley, ex fanciullo ancora ragazzo, ricomincia a immergere i due ragazzi nel torbido della fantasia portatrice di incubi e ossessioni. E ricominciano, svanito lo sguardo amoroso, a provocarsi immaginando il proiettile in bocca e tutti gli altri terribili modi di farsi reciprocamente soffrire, di nuovo perfidi, i teneri ragazzi al napalm.