TOGA E SPADA

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Cicerone contro Catilina

Ideazione e regia Elsa Agalbato Fabio Sargentini

Catilina: Francesco Biscione

Cicerone: Gabriele Parrillo

sagome dipinte Claudio Palmieri

luci David Barittoni

suoni Paolo Guaccero costumi Rodica Rusu

direttore della fotografia Roberto Crotenuto

operatore di ripresa Gianluca Tomasso

L’Attico, via del Paradiso, Roma, 21 aprile – 7 maggio 2017

Maricla Boggio

L’ultima creazione di una serie lunga decenni  di spettacoli da parte di Elsa Agalbato e Fabio Sargentini tocca questa volta il tema del potere, della legge, della guerra e di tanti altri ancora che si affollano nel denso spettacolo “Toga e spada” che i due artisti hanno presentato nel loro mitico spazio, talvolta galleria d’arte, tal’altra teatro di illusioni figurative, di rievocazioni poetiche, di sollecitazioni fantastiche.

I temi scelti dagli autori non sono pretesti, perché l’esposizione del dramma avviene secondo una rigorosa ricostruzione degli eventi che intorno agli anni Sessanta avanti Cristo si verificarono a Roma e dintorni, qui esposti attraverso un dialogo serrato fra i due protagonisti della vicenda, tratto, con articolata dimensione drammaturgica, dalle quattro orazioni di Cicerone svolte al Senato – le “Catilinariae” a lui dovute per la documentazione storica -, a cui si aggiungono alcuni spunti tratti dagli scritti dello storico latino Sallustio.

I  due contendenti si alternano in una discussione intensa e tesa a colpire l’avversario sulla questione del potere, della corruzione per arrivarvi, delle diverse modalità da ciascuno scelte secondo la propria condizione, di tipo aristocratico e rispettosa del diritto secondo l’antica tradizione senatoriale quella di Cicerone, tesa a rimaneggiare in chiave moderna la visione di un potere più diretto verso il popolo e una concezione democratica se si può usare tale definizione per quei tempi: in chiave di analogia, la tendenza del cospiratore, uomo certo invischiato in intrighi ma con una sua visione libertaria.

Quello che ci riporta la storia è la sconfitta di Catilina attraverso la scoperta da parte di Cicerone della congiura, anche lui tuttavia costretto a valersi del tradimento della giovane Fulvia, amante di un congiurato, per fronteggiare prima in Senato e poi con le armi in una battaglia tragicamente sanguinosa il nemico, che viene sconfitto – Romani contro Romani – in uno scontro letale. E c’è anche Cesare, in una voce che emerge dal vuoto, come un personaggio oracolare, a consigliare la cautela nel giustiziare i nemici, ma avrà la meglio Catone e i congiurati rimasti imprigionati verranno subito strangolati nel carcere Mamertino.

Queste note per mettere il lettore a parte di una vicenda che non è pretestuosa, volendo interrogarsi – e interrogare – sul rapporto fra diritto e potere, fra legge ed armi, in una civiltà in cui tale alternativa è ancora scottante e all’ordine del giorno nella nostra società.

Ma quello che fa lo spettacolo seducente e unico è la scelta figurativa in cui si muovono, con intensa partecipazione nell’interpretare i loro personaggi, il Catilina di Francesco Biscione e il Cicerone di Gabriele Parrillo: diversi nello stile recitativo e per questo complementari nel costituirsi come spettacolo, pensoso e meditativo pur nella veemenza delle sue asserzioni Biscione, fervido e concitato nell’urgenza del dire appoggiandosi alla legge Parrillo.

La scelta figurativa a cui volevamo rendere partecipe il lettore è una singolare commistione fra teatro presente in scena, composto da due diverse angolazioni – due stanze – in cui agiscono i personaggi  e/o lo svilupparsi degli eventi storici attraverso proiezioni cinematografiche di ricostruzione romana, sul cui sfondo agiscono i protagonisti, in diretto rapporto con gli spettatori o come da essi spiati e colti nel succedersi dei fatti. Un po’ come essere magicamente dentro il Senato e poi sul campo di battaglia, nell’illusoria presenza onirica che solo il teatro può offrire.

Ne deriva una suggestiva partecipazione degli spettatori che si trovano coinvolti e come presenti ora nel Senato – alcuni senatori sono stati accortamente realizzati come figure dipinte da Claudio Palmieri in pose cariche di intensa attenzione -, ora in mezzo alla folla o ai soldati via via chiamati in causa dai protagonisti.

Il gioco degli sguardi sghembi sollecita gli interrogativi mentre spia il farsi della storia, che nel tempo in cui venne vissuta ancora non era definita. E in questo delinearsi degli eventi si conclude lo spettacolo, mentre il trionfo della legge, nella parole di Sallustio, lascia spazio a un rispettoso riconoscimento di una pietas nei confronti di Catilina morto coraggiosamente nell’essersi spinto in mezzo al nemico.