ZOO DI VETRO

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di Tennesse Williams
regia di Giuseppe Argirò
con Pamela Villoresi
Maurizio Palladino
Alberto Caramel
Roma, teatro dell’Angelo
17- 22 novembre 2015

Maricla Boggio

Il personaggio di Amanda, protagonista di “Zoo di vetro”, è costruito a più facce, e non è facile portarle tutte a evidenza nel breve tempo della commedia. Ci è riuscita felicemente Pamela Villoresi, che ha costruito il tono della sue battute in un crescendo di ansie, gioiosità e disgusti, alternati a seconda dei momenti. La sua interpretazione è restata in bilico fra l’esibizione di una autentica felicità di vivere e il nascondimento di una tragedia nascosta nel cuore. Insieme alla voce, la gestualità, talvolta protesa a una danza, talvolta contratta in una sorta di impietrita incapacità a reagire, ha realizzato a tutto tondo il personaggio.

Rivedere dopo anni in scena “Zoo di Vetro” di Tennessee Williams induce a una riflessione su quella società che l’autore americano ha descritto, in a una rivisitazione di un momento della sua esistenza, nella difficoltà personale coincidente con un periodo altrettanto difficile della realtà americana. Il testo teatrale, scritto e rappresentato nel 1944, deriva da una precedente novella dello stesso autore, intorno al 1936.

A metà fra il teatro e la narrazione autobiografica si sviluppa quindi l’evocazione dell’autore, già maturo e affermato, della sua giovinezza, tormentata da un padre difficile e dall’incertezza di un futuro ancora tutto da costruire, che soltanto con la fuga da una famiglia oppressiva poteva realizzarsi, come in effetti accadde.
Che sia del tutto o solo in parte elemento di ispirazione la situazione del protagonista-narratore Tom, è dal suo evocare che emergono, oltre a lui, le figure del dramma: Amanda la madre, Laura la figlia, Jim l’amico. Ma a prescindere dal discorso autobiografico, è poi la forza espressiva dei personaggi che si fa elemento forte del testo.

Amanda è una madre amorosa ma possessiva nei confronti di Laura, timida e introversa a causa di una lieve malformazione a una gamba che la costringe a zoppicare, elemento impediente per una personalità fragile come la sua, portata a isolarsi e a non comunicare con nessuno al di fuori della famiglia. Amanda è anche una madre dispotica e indagatrice nei confronti di Tom, il figlio scontento di un’esistenza meschina, con un lavoro avvilente di commesso in un grande magazzino, e sfuggente al clima ossessivo in cui la madre lo costringe, imponendogli regole di educazione e orari soggetti alla sua tirannia borghese, a cui il giovane sfugge evadendo ogni sera al cinema o in compagnie discutibili. Ma Amanda è anche una donna che ha sofferto la delusione di un matrimonio immaginato come romantico, mentre il marito si è ben presto rivelato ubriacone e privo di ambizioni, e presto se ne è andato lasciandola a provvedere da sola ai figli. Amanda è anche una donna che con coraggio cerca di mantenere alta la sua voglia di vivere, nell’illusione che quella figlia complessata possa essere la risorsa per un futuro di felicità, con un buon marito e dei figli a cui dedicarsi. Tutto questo, con uno charme con cui si immedesima nei personaggi più disparati della sua carriera, Pamela Villoresi è riuscita a far emergere.

La breve illusoria speranza che Laura possa trovare nell’amico di Tom, Jim, invitato a cena, il futuro marito sfuma alla notizia che il ragazzo è già fidanzato. Laura gli dona quell’unicorno della sua collezione di animaletti di vetro, metafora del suo fragile mondo immaginario, infranto da un passo falso di quel ballo con Jim che resterà nella sua memoria come un sogno.
Elisa Silvestrin impersona con grazia la fragile Laura, mentre Maurizio Palladino interpreta con adesione il suo esasperato Tom e Alberto Caramel ha i toni cordiali e gentili di Jim.

Il regista Giuseppe Argirò ha impresso alla commedia un ritmo serrato, come se il ricordo di quel periodo da parte di Tom-Williams si condensasse nell’ansia di un passato ricorrente. Impresse nella memoria, le figure della madre protagonista, della figlia frustrata, del figlio esasperato e dell’amico ignara preda matrimoniabile si agitano come fantasmi di un’America lontana, intristita dalla guerra in Europa a cui anche gli USA partecipano. Argirò ha evocato quegli anni mediante brevi sequenze filmate dove le forze aeree americane si lanciano in bombardamenti a sostegno degli alleati europei, storicizzando e portando a una dimensione sociale il diaristico racconto dell’autore.