ENRICO IV

Enrico IV_Trono8_crop copia

di Luigi Pirandello

adattamento e regia Carlo Cecchi

con Carlo Cecchi

Angelica Ippolito Gigio Morra, Roberto Trifirò

Chiara Mancuso, Remo Stella, Vincenzo Ferrera

Dario Caccuri, Edoardo Coen, Davide Giordano

scene Sergio Tramonti

costumi Nanà Cecchi

luci Camilla Piccioni

Produzione Marche Teatro

Roma, Teatro Argentina, 12.2.19

Maricla Boggio

Negli anni Settanta, in piccole cantine a cui si arrivava attraverso ripide scalette, Carlo Cecchi aveva inventato un tipo di teatro a quel tempo nuovo e sorprendente: era don Felice Sciosciammocca che portava nel teatro di quegli anni una ventata di novità, di irridente ripresentazione di un personaggio che  pur esprimendosi in un italiano napoletaneggiante manteneva sotterraneamente la causticità raffinata di un linguaggio toscano che anch’esso apparteneva a Cecchi.

Oggi quell’irridente causticità, quella volontà di presentare un teatro che si senta libero da strette osservanze di copione per una comunicazione diretta con il pubblico a cui portare qualche messaggio di attualità e qualche ammiccamento alla seriosità di un’interpretazione rispettosa e “classica”, Carlo Cecchi ha voluto applicarla a uno dei testi più famosi, e anche emblematici, di Pirandello, come già in tempi non recenti fece – se non ricordiamo male – con una sua rielaborazione dei “Sei personaggi”.

Si tratta in sostanza di una personale volontà, da parte dell’attore e regista,  di calare l’intero testo in una dimensione teatrale, di quella metateatralità che ne denuncia gli intendimenti sentimentali, realistici, della storia umana dei personaggi, affondandoli in una sorta di “prova” in cui si trovano tutti riuniti, personaggi della falsa vicenda storica – Enrico IV e i suoi fidi quattro consiglieri – e i visitatori – l’antica amante, il dottore echeggiante un pre-freudiano psichiatra ( la pièce è del 1921), la figlia di lei con il fidanzato, tutti protesi a far riaffiorare nella memoria del protagonista il presente, liberandolo dalla follia.

Il gioco instaurato da Cecchi è a scatola cinese, con in più un sapido dialogare con il pubblico, prendendosi il gusto di deridere parole di un italiano disusato, e immettendo qua e là riferimenti ai nostri sciagurati tempi politici. È un gioco che non tocca il testo di Pirandello, che vive da altre parti, in una sua consapevole serietà emblematica, che riguarda, al di là delle mode e dei linguaggi, l’animo umano e i suoi misteri.

Cecchi nella sua molteplicità espressiva si diverte a interpretare il personaggio riecheggiando antichi miti, da Ruggeri ad altri attori che tutti si sono impuntati a voler fare proprio il folle protagonista, per poi deriderli tutti quanti e fare un personale, applauditissimo show, ben coadiuvato dai compagni, a partire da Angelica Ippolito, Gigio Morra, Roberto Trifirò, Chiara Mancuso e Remo Stella, e i giovani “consiglieri” reduci – a quanto dice qualcuno di loro -, dall’Accademia,  Vincenzo Ferrera, Dario Caccuri, Edoardo Coen, Davide Giordano.