Olympe De Gouges al tempo della rivoluzione il nuovo libro di Maricla Boggio

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5 Giugno 2021, Autore: Daniele Ceccarini.

Olympe De Gouges al tempo della rivoulzione, Bulzoni Editore il nuovo libro di Maricla Boggio recensione di Daniele Ceccarini.

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Olympe De Gouges è l’ultimo libro di Maricla Boggio. In uno stile asciutto e attento racconta la drammatica storia di questa protagonista della Rivoluzione francese, non compresa e scacciata dagli uomini del suo tempo. Continua a leggere

UNA NUOVA FORMA DI NARRAZIONE FRA STORIA LETTERATURA E TEATRO

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Enrico Bernard

Di cosa sono fatti I libri? Di forma e contenuto ovviamente. La loro importanza consiste, secondo una regola codificata da Pirandello e riproposta da Italo Calvino, nella perfetta compenetrazione e sinergia dei due elementi costituenti la materia prima narrativa. Quando cioè una narrazione si presenta innovativa sul piano formale e, al contempo,  esaustiva e convincente sul lato contenutistico, l’opera può dirsi riuscita; insomma capace di generare interesse e quindi di assumere rilievo ed importanza sia sul piano dell’engagement, dell’impegno culturale, che letterario.

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LA SCALA DEGLI ANGELI

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Enrico Bernard

Il titolo del libro prende spunto da una citazione biblica dalla Genesi (28,12):

E Giacobbe sognò: ed ecco gli apparve una scala

appoggiata sopra la terra e con la cima arrivava al cielo;

e su di essa ecco gli Angeli di Dio che salivano e scendevano.

  Un tema ripreso da Elie Wiesel che volle unire il celestiale e il dionisiaco del canto e della musica come strumento di elevazione spirituale e morale:

Gli angeli quella scala si sono dimenticati di ritirarla.

Da allora essa è rimasta tra noi;è la scala musicale che ci fa ascendere dalla terra al cielo.

                                           Il termine “scala”, come tutte le parole senza dover scomodare Wittgenstein, assume diversi significati nei differenti contesti in cui viene usato. L’oggetto cui si riferisce, coi gradini o a pioli, è ciò che viene subito in mente. Ma vi è anche, in un più immateriale senso, il concetto di “scala musicale”, quella ad esempio del solfeggio e degli esercizi per l’apprendimento delle correlazioni tra le note. Se poi si vuole pensare alla grande, ecco che, rimanendo nel campo musicale, si arriva come d’incanto al Teatro alla Scala di Milano, che ovviamente non ha nulla a che fare con gradini e pioli, bensì con la famiglia  della potente dinastia scaligera di Verona. Ma sulle sue ali dorate, partendo appunto dal concetto di “scala”, passaggio dopo passaggio è lì dove vola la fantasia applicata alla linguistica più o meno strutturale.

Il titolo del “viaggio fra i ragazzi dell’orchestra Quattrocanti di Palermo” di Maricla Boggio ha il potere di concentrare queste varianti semantiche della parola in un’espressione sintetica e sinergica: La scala degli angeli.  Titolo non poteva e non può essere più coinvolgente e pertinente di questo: gli angeli sono i bambini che attraverso la musica, il suono corale delle loro voci, quindi la scala musicale, trovano la via della salvezza, la scala per l’uscita dal baratro della miseria culturale, nella forma teatrale, come appunto in un immaginario Teatro alla Scala, dello spazio della rappresentazione e dell’esecuzione. La quale  del resto richiede una forte compartecipazione, quindi una socializzazione ed una formazione di un’identità nuova, positiva, multipersonale: uno spazio di aggregazione non solo fisica, ma anche sociale e di conseguenza spirituale:  un transfert, una scala tra un’identità e l’altra, ovvero una con-prensione,  lo stare insieme che induce alla presa di coscienza della condizione umana condivisa.

La prefazione di Giuseppe Bucaro, anche in questo caso col titolo  indicativo delle intenzioni dell’opera, Una musica che salva, spiega infatti che:  L’esperienza dellOrchestra Quattrocanti è nata nel 2012 in un contesto difficile, non solo dal punto di vista materiale ma soprattutto sociale. Noi crediamo che a ciascuno deve essere data la possibilità di una vita dignitosa, che superi la cultura dominante dello scarto, che guarda agli altri come oggetti da dominare, creando una società lacerata da conflitti e tensioni di ogni tipo. Ogni persona è un grande valore, in sé ed è un grande valore per gli altri, e se noi mettiamo insieme questo valore individuale allinterno di una struttura che crea valore, a questo punto diventa un vero risultato di autentico innalzamento della persona umana.

Di qui parte la “prova d’orchestra” di Maricla Boggio. Solo che a differenza del film di Federico Fellini in cui i musicisti sono tra loro ostili, divisi, settari, prevaricatori, cattivi impersonando il peggio del carattere degli italiani – per poi ritrovare il senno a catastrofe avvenuta, – il percorso della Boggio verte piuttosto  verso l’alto, ossia verso la salvazione che si concretizza e finalizza nel percorso educativo e di formazione, nella presa di coscienza del Sé di ognuno di questi ragazzi strappati alla strada o a una più deprimente realtà.

Maricla Boggio non veste beninteso i panni del disperato direttore d’orchestra felliniano,  bensì si intrufola autorialmente nelle vite dei giovani membri dell’orchestra descrivendone con interviste mirate ad illustrare l’esperienza, documentandola sì da un punto di vista sociale, didattico e psicosociale, ma la leggibilità del suo reportage è di livello narrativo godibile come un racconto di vita. In una delle sue inchieste/interviste emerge una citazione:

Mentre parliamo, le ragazze tirano fuori dalle loro cartelle degli spartiti e li dispongono sul leggio. Il titolo dellopera è “Guglielmo Telldi Rossini. Sono parecchi i pezzi che i ragazzi si abituano a suonare, nel corso delle prove. Quasi tutti di musica classica, L’inno alla gioia”, Il canonebachiano, brani di Mozart, ma anche pezzi più distensivi, che accarezzano lorecchio dei meno abituati a composizioni complesse.

„L’Inno alla gioia“ di Beethoven sul testo di Schiller apre le porte ad una considerazione storica. Fu proprio la teoria del Classicismo umanista di Goethe e Schiller a fondare in era moderna il concetto, poi ripreso da Gramsci, dell’arte come strumento di educazione del genere umano. Il sogno dei due geni della cultura tedesca era infatti quello di ingenerare una rivoluzione umana e sociale sotto la spinta degli impulsi positivi dell’arte, così da ovviare alle svolte violente esperite con la rivoluzione francese. Tutto ciò può essere considerato utopistico, sebbene la pratica quotidiana – come questo libro dimostra – insegna che l’arte, in particolare la musica, non è solo strumento di elevazione morale ma anche un atto necessario per la comprensione del Sé e del mondo in cui viviamo: una presa di coscienza insomma di quello che noi siamo e possiamo positivamente essere e diventare  con e in funzione degli altri. Insomma, si parla di una funzione di disvelamento, attraverso il suono, della verità.

In questo senso la postfazione scientifica di Francisco Mele illustra la potenzialità del suono nella formazione di un’autocoscienza individuale, umana e sociale in cui “la musica è una forma di rappresentazione simbolica non inferiore al linguaggio”. Scrive infatti Francisco Mele: “Il segnale, a differenza del segno, ha un carattere di intenzionalità perché in esso esiste una forte corrispondenza con loggetto definito dai linguisti come referente. La musica partecipa e contiene questi tre elementi il segno, il segnale, il simbolo -: un rumore senza direzione è un segno; un segnale potrebbe essere letto come un suono organizzato con una destinazione verso qualcuno che sia in grado di ascoltarlo.”

Non gettate via la scala,  si intitola una raccolta di saggi  del 1975 di Carlo Bernari edita da Mondadori, in cui lo scrittore napoletano in un dibattito con Calvino tratta i rapporti tra forma e contenuto, realtà e fantasia: un avvertimento circa la necessità di un’arte “pura” sì, come la musica, ma sempre ancorata alla vita e alla società, come nel caso di questa “scala degli angeli” di Maricla Boggio.

 

La recensione di:

MAURILIO DI STEFANO

D’ANNUNZIO MONDANO – TEATRO SPAZIO 18/B

Un’ora di gustosissimo teatro che scorre via leggera e spassosa. La Compagnia dei Masnadieri presenta al Teatro Spazio 18b “D’Annunzio Mondano”, opera in atto unico di Maricla Boggio per la regia (e non solo) di Jacopo Bezzi.
Sebbene il testo non faccia mai riferimento diretto al Vate, Massimo Roberto Beato veste in prossimità della ‘zona sosia’ i panni di Gabriele D’Annunzio. Attorno a lui, che è il tratto costante della rappresentazione insieme all’elegante salotto fine-ottocentesco che costituisce la scena, si alternano con abile trasformismo e versatilità gli altri tre attori, Elisa Rocca, Alberto Melone e Sofia Chiappini.
Nelle prime battute lo spettatore è tirato dentro con delicatezza, quasi per mano, da un’atmosfera sospesa e lirica in pieno stile dannunziano. Poi però, grazie a un virare così graduale e fluido che neppure si percepisce, i ritmi si fanno via via più serrati e brillanti, finché dai primi sorrisi si passa al puro godimento e si arriva alla sonora risata di gusto, di fronte a gag comiche in cui entrano in gioco tanto la fisicità degli attori quanto l’ingranaggio irriverente del testo.
In una serie di scene accostate con cura, ci viene presentato un poeta quasi inedito. Nel senso che la sua epoca rivive in scena in abiti leggeri, elegantemente ironici, al contrario del tono sublime e del travolgente afflato poetico che spesso e volentieri siamo abituati ad associare a D’Annunzio come unici attributi possibili.
La decadenza e i difetti della fine del XIX secolo vengono derisi senza crudeltà, anzi con raffinatezza, persino con affetto. La noia a cui portano gli obblighi della vita mondana e la superficialità di una certa aristocrazia vengono raccontate attraverso vedove con il fuoco vivo a scorrere nelle vene, ragazze dai modi insopportabili e splendidi giochi di equivoci dovuti alle bugie raccontate nelle lettere che sono sorprendentemente simili alle tragiche conseguenze degli appuntamenti al buio o rimediati online in questo nostro terzo millennio.
Un testo dunque attuale al di là del periodo storico in cui è inquadrato – cifra distintiva questa anche di altri lavori di Maricla Boggio – insaporito da una performance attoriale veloce, variopinta, variegata, sopra le righe di quel tanto che basta a garantire il divertimento del pubblico in sala.
Grazie agli eleganti costumi e all’intervento essenziale delle poche musiche, si viene trasportati per un’ora in una Roma di fine Ottocento che con i suoi vizi e le sue debolezze non è affatto diversa dal mondo che abbiamo davanti ai nostri occhi ancora oggi.
Un teatro insomma che ci sentiamo davvero di consigliare. Ne vale la pena anche solo per la variopinta sorpresa, attorno a metà dell’atto, di quella matrona dalle forme generose e dai modi esuberanti che gestisce una casa d’appuntamenti.
Ricordiamo che la Compagnia dei Masnadieri è in replica fino al 17 febbraio nell’ambiente accogliente e del tutto particolare dello Spazio18B. Un posto piccolo e curato, nel cuore di uno dei tanti angoli di Roma che hanno fame di rivalutazione, che offre una programmazione di ottimo livello culturale ricca però di spensierato intrattenimento, che non guasta mai.
Per chi non lo conoscesse, è chiaro, questo ‘D’Annunzio Mondano’ è di sicuro l’occasione giusta. Perché, il gioco di parole qui è praticamente inevitabile, si tratta di un’opera che è un vero “piacere”.

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6 Febbraio 2019

IL SOGNO DI NIETZSCHE

 

Il sogno di Nietzsche – Teatro Stanze Segrete (Roma)

Scritto da   Sabato, 22 Aprile 2017

Il sogno di Nietzsche - Teatro Stanze Segrete (Roma)

Dal 4 al 30 aprile. In mezzo a un turbine di affermazioni filosofiche e di teorie, ciò che caratterizza la persona Nietzsche è il forte impulso alla vita e talvolta il prevalere dei sentimenti rispetto alla ragione quando si tratta della propria esistenza e non della filosofia. E’ da questa dimensione del personaggio che si sviluppa il testo teatrale, attraverso le vicende che lo vedono agire, amare, soffrire e reagire alla sofferenza, fisica e sentimentale mediante lo sforzo smisurato e vincente della sua genialità intellettuale. Maricla Boggio lo porta in scena al Teatro Stanze Segrete con protagonisti Ennio ColtortiJesus Emiliano Coltorti e Adriana Ortolani.

IL SOGNO DI NIETZSCHE
di Maricla Boggio
con Ennio Coltorti, Jesus Emiliano Coltorti e Adriana Ortolani

 

Nietzsche è senza ombra di dubbio il filosofo dell’era moderna che maggiormente necessita di continui approfondimenti, revisioni, nuove interpretazioni anche per sottrarlo alla retorica nazista che se ne è ingiustamente e infondatamente appropriata. Faceva gola alla destra hegeliana confluita nell’ideologia nazista trovare un fondamento ontologico come la teoria dell’Uebermensch, il Superuomo, con cui il Fuhrer e suoi ideologhi credevano di aver risolto il problema della presunta superiorità della razza ariana. Non sapevano o non si curavano di sapere che invece il filosofo aborriva il “germanesimo” e l’odore di birreria piccolo-borghese (anche se amava berne in quantità) e che aveva preso ad odiare perfino Wagner (dapprima osannato per il suo iniziale spirito rivoluzionario e libertario) proprio per la sua retorica sul pangermanesimo. Oggi anche gli studiosi di destra come Luciano Arcella (v. L’innocenza di Zarathustra, Mimesis edizioni, Roma 2009) tendono con maggiore obiettività a ricomporre il pensiero nicciano nell’alveo di un profondo discorso sulla necessità del recupero (sulla scia del classicismo di Goethe e Schiller) dello spirito originario dell’uomo che deve liberarsi di sovrastrutture metafisiche e ideologiche per essere se stesso: libero e in pace con la natura e col mondo.

Il preambolo era necessario per introdurre il testo di Maricla Boggio Il sogno di Nietzsche che attraverso un importante spaccato della vita privata del filosofo vuole mettere in evidenza, riuscendoci, gli aspetti più umanistici, sinceri, giocosi e sentimentali del teorico dell’eterno ritorno.

Il lavoro prende spunto dagli scambi epistolari fittissimi tra Nietzsche, Lou Salomé (della quale è follemente infatuato) e il giovane Rée, allievo di Nietzsche e aspirante filosofo in proprio. Lou è attratta dalla baldanza del giovane Rée e dalla mente del focoso pensatore; si viene così a creare un triangolo intellettuale amoroso, di cui non si capiscono bene i ruoli precisi, anche se dalle testimonianze epistolari sembrerebbe proprio che Lou voglia usare Rée per frapporlo tra lei e le avances di Friedrich, quando queste si fanno piuttosto impellenti. Il triangolo che definirei eroticamente stimolante o intellettualmente amoroso (fin dove si spinsero i tre amici?) concerne un ampio arco di tempo e abbraccia un periodo che va dalle tre estati trascorse dal filosofo a Sils Maria in Svizzera, il soggiorno a Genova, l’incontro romano e la convivenza burrascosa in Germania a casa della famiglia Nietzsche: un arco temporale insomma che vede alternarsi momenti di convivenza, di rapporti a tre e di allontanamenti repentini e\o burrascosi, incomprensioni, il tutto sempre però riaperto da una tensione erotico-culturale fino al momento della follia finale di Nietzsche a Torino.

Si tratta come si può intuire di un crogiuolo di sentimenti e di una fucina di idee e scambi intellettuali che vanno ben oltre l’aspetto scabroso e scandalistico della promiscuità. Il testo di Maricla Boggio svela al contrario come in questa temperie venga a formarsi il pensiero complessivo di Nietzsche che sarebbe dunque legato – e molto – agli aspetti intimistici, privati e sentimentali della vita del filosofo: che il Superuomo di Nietzsche nasca da un sogno d’amore e da una pulsione erotico-intellettuale piuttosto che dall’esaltazione del mito di un pangermanesimo mirante a creare l’idea dell’uomo forte e dello Stato assoluto è di sicuro una riflessione attualissima e necessaria. Necessaria perché comporta il reintegro del pensiero nicciano nell’ambito dell’umanesimo ed il definitivo oscuramento e ribaltamento dell’indebita appropriazione nazista.

Lo spettacolo, che vede Ennio Coltorti come regista e anche interprete del filosofo, procede su due piani concettuali – corrispondenti visivamente a due distinti livelli scenici – di forte impatto spettacolare. Sul palcoscenico superiore Nietzsche esprime la sua potenza concettuale: visionario, schizofrenico, teso come una corda di violino nell’elaborazione del pensiero puro, il Friedrich di Coltorti resta rinchiuso nello stereotipo che ha origine da quel filone di interpretazioni di “destra” di cui parlavo prima. Quando però discende nell’arena della vita, delle passioni e dei sentimenti ecco che il Superuomo si scioglie come il burro cedendo, ora per amore, ora per attrazione, ora per intrigo intellettuale alle sue debolezze umane più forti e travolgenti di ogni pretesa superiorità.

La Lou Salome’ di Adriana Ortolani è un perfetto miscuglio di malizia e voluttà, di profondità intellettuale e provocazione erotica: un personaggio di travolgente sensualità che il Rée di Emiliano Coltorti riesce a gestire con spigliata naturalezza in forza della sua giusta dose di giovanile strafottenza.
Teatro Stanze Segrete – via della Penitenza 3, Roma (zona Trastevere)

Articolo di: Enrico Bernard
Sul web: www.stanzesegrete.it

NUN SI PARTI!

pubblicato su SALTINARIA

Il testo di Maricla Boggio, racconta per visioni e suggestioni la storia di Maria Occhipinti. Maria si racconta dal carcere in uno spettacolo suggestivo ed emozionante, dove si alternano le figure degli uomini che l’hanno amata, ostacolata, emarginata. Una Ragusa evocata, sentita e raccontata anche attraverso immagini di repertorio e video-mapping. Ancora oggi nella sua città c’è chi crede sia stata ingenua, bizzarra nel suo folle gesto, chi mette addirittura in discussione la sincerità del suo racconto, perché, “ ha disturbato e disturba sempre con le sue scelte di vita, le sue scelte politiche.”

di Enrico Bernard

 

NUN SI PARTI

di Maricla Boggio

con Nicoletta Terra e Massimo Roberto Beato

Regia di Jacopo Bezzi

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