IL QUADERNO PERDUTO DI AGATHA CHRISTIE

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di Massimo Roberto Beato

Regia Jacopo Bezzi

con Massimo Roberto Beato – Gioele Ferretti

Alberto Melone – Leo Fabbri

Pavel Zelinskiy Frankie Rizzo

Veronica Rivolta – Ginevra Martini

Sofia Chiappini – Anita Fontana

e Matteo Tanganelli – Nicola De Marchi

Aiuto regia Ferrante Cavatuzzi

Foto e Grafica Luca Tizzano

Riprese e montaggio video Elisa Rocca

Produzione La compagnia dei Masnadieri

Roma, 8 dicembre 2017

Teatro Spazio 18b

Maricla Boggio

Come attratti da una potente calamita, in una notte agitata da un imminente e fragoroso temporale, due coppie di inaspettati visitatori arrivano, in un paesino sperduto, al Museo – o Locanda, come dice la scritta fuori, a cui manca il primo pezzo – dedicato ad Agatha Christie, di cui è direttore Gioele Ferretti, un distinto e inappuntabile giovanotto. Prima si insinuano di nascosto; poi, scoperti da Ferretti, Leo – Alberto Meloni, che imprime al personaggio un’ineffabile reticenza – e Ginevra – Veronica Rivolta, che esibisce i toni di una scatenata inquisitrice – si giustificano dichiarandosi editori, e lasciano intendere che vorrebbero rintracciare un misterioso manoscritto che, secondo fonti non verificabili, sarebbe stato composto da Agatha Christie in una breve vacanza in quel paesino di un’Italia indefinibile, dimenticandolo poi laggiù.

Poco dopo arrivano altri due “turisti per caso”; non si conoscevano – dicono agli altri -: li ha fatti incontrare una “panne” dell’affascinante Anita – Sofia Chiappini sulle orme della Judie Holliday di “Nata ieri” -, che si presenta come attrice, raccolta sulla sua macchina da Frankie – Pavel Zelinskiy, che dà al personaggio un “à plomb” di stile sportivo – , e il temporale li ha indotti a rifugiarsi lì, nel primo posto trovato.

La motivazione non convince il direttore Ferretti, né i sedicenti editori, mentre anche i due ultimi venuti non sono convinti dell’identità dei primi due.

Sta di fatto che ormai si trovano tutti lì, al riparo dalla tempesta scatenata. L’ospitalità un po’ forzata del direttore Ferretti colto, compìto e chiacchierino -, scalda il clima: si beve, anche molto – specie Anita la wamp che tracanna bottiglie fino all’ultima goccia – e induce ognuno a confidenze più o meno veritiere. Ma il pensiero è sempre rivolto a questo quaderno, che non si trova e ognuno vorrebbe per sé.

Il giallo comincia proprio con il mistero del quaderno, prima che diventi un giallo classico con tanto di assassinio. È quindi un giallo nel giallo, formula innovativa che ha messo a fuoco Massimo Roberto Beato, non nuovo a giochi e rovelli intellettuali godibili  nella loro autonomia rispetto ad abusate motivazioni sociali e denunce politiche, e proprio per questo teatralmente fruibili con immenso sollievo degli spettatori rispetto ai doverosi impegni della partecipazione civile. E chi se non l’autore avrebbe potuto tenere le fila di questo intricato puzzle, nel ruolo del direttore Ferretti?

Ma il cadavere non tarda. Viene trovato al piano di sopra, dove stanze da  tempo disabitate dovrebbero ospitare gli ospiti per la notte. Chi ha ucciso e chi è l’ucciso? Da questi interrogativi in poi è d’obbligo rivelare poco o niente.  Insospettabili  scoperte accrescono di momento in momento la curiosità degli spettatori, in un duplice interrogarsi su questo giallo bipolare, perché si insegue l’ipotesi del quaderno, prezioso quanto può essere un giallo inedito della famosa Agatha da far soldi a palate, ma si deve anche indagare sul crimine, sulle sue ragioni e i suoi legami con i cinque personaggi del plot, ciascuno dei quali sospettabile del delitto.

Giallo nel giallo del giallo, qualcosa del quaderno emerge attraverso deduzioni da manuale cinese che l’astuto direttore Ferretti manovra con perizia, stuzzicando le capacità risolutive dei quattro ospiti. Ma anche questo scalino nella escalation rivelatrice non va rivelato a costo di essere a nostra volta assassinati dalla compagnia dei Masnadieri, che intende far trattenere il respiro a chi legge questo articolo, doverosamente privo di rivelazioni, inducendolo a raggiungere a precipizio lo Spazio18b per assistere allo spettacolo.

Se Massimo Roberto Beato ha sviluppato – e recitato e fatto recitare – con acutezza la sua giallissima storia, si deve a Jacopo Bezzi, in perfetta sintonia, di non essersi lasciato intimidire dagli innumerevoli incastri che le deduzioni, le ipotesi, i lampi di genio dei personaggi si sono intrecciati nel corso della vicenda, guidandola con sapienti dosaggi di ritmi recitativi, gestualità simboliche, luci e interventi musicali finalizzati a far crescere e sostenere il clima di suspense che lo spettacolo richiede.