UN’ORA DI TRANQUILLITÀ

_ZELLE 45A1063 copia

di Florian Zeller

con Massimo Ghini

e

Claudio Bigagli, Massimo Ciavarro, Alessandro Giuggioli,

Galatea Ranzi, Luca Scapparone, Marta Zoffoli.

regia Massimo Ghini

Produzione Valerio Santoro per la Pirandelliana

Roma, Sala Umberto, 5 dicembre 2017

Maricla Boggio

È senz’altro un esperto autore teatrale, Florian Zeller, che viene rappresentato A Roma in questo inizio di stagione con due testi, entrambi già arrivati sull’onda di successi parigini. Un autore attento ai problemi del suo tempo, che con notevole capacità di sviluppo mette a fuoco la nostra società scegliendo una certa borghesia benestante. È una scelta che non ha problemi con la traduzione, che non inceppa in forme dialettali, praticamente intraducibili e ci restituisce un italiano scorrevole.

Questa scelta si svolge in un campo limitato, pur in questo ambito già ristretto socialmente: non tocca problemi di lavoro mancato e di cadute economiche; e nemmeno fa i conti con scelte omosessuali e simili, di cui abbondano molti testi di oggi. Il campo è limitato, con astuzia intelligente, ai problemi di coppia circa tradimenti e insofferenze caratteriali, dove l’inserimento di uno psicanalista adorato da lei e ridicoleggiato da lui immette nello sviluppo del testo quel “deus ex machina” che consente attraverso i suoi consigli di andare oltre gli scambi usuali fra i coniugi protagonisti, affrontando l’ignoto con tutte le sue sorprese.

Ciò che fa divertire gli spettatori che affollano la Sala Umberto è il gioco previsto e prevedibile che viene agito in scena, prendendo lo spunto da un pretesto: Michel ha trovato in un mercatino un disco rarissimo, di un famoso clarinettista, e se lo vuol sentire in santa pace, ma proprio in quel giorno gli capita ogni sorta di situazioni incresciose che lo allontanano dall’amato ascolto.

Intorno a tale pretesto non può che sdipanarsi un intricato ma divertente complesso di situazioni, in cui non si fa che ridere di fronte al disappunto di Michel, sempre più indispettito dall’impossibilità di godersi in santa pace quell’”ora di tranquillità” agognata. Per cui, quanto avrebbe potuto rivelarsi come tragedia, alla pari con il fato greco, qui diventa motivo di riso. Si parte dalla moglie che si sente a terra, inutile, fallita, e dopo molti sforzi rivelerà di essere stata indotta dal suo psicanalista – dal nome tedesco, che già a pronunciarlo da parte di Michel fa molto ridere! – a rivelargli un piccolo tradimento, durato appena due settimane, e datato di una ventina di anni prima.

Michel è così proteso a raggiungere l’ascolto del disco che minimizza, perdona, ci passa sopra. Ma intanto Elsa, la migliore amica di sua moglie, arriva inaspettata e dichiara che vuol troncare la relazione con lui e rivelarla a sua moglie. Mentre i tre tergiversano su che fare, intanto la casa viene praticamente semidistrutta dall’intervento di due idraulici, finti polacchi – i polacchi hanno fama di bravi lavoratori, ma questi sono portoghesi -, che allagano la casa e anche il piano di sotto, cosa che il discreto vicino che vi abita ed è davvero polacco non manca di dichiarare insistendo con la sua presenza a complicare il già agitato clima familiare di Michel.

Su è giù fra appartamento e strada entra ed esce il figlio della coppia, un Sébastien che fa musica assordante e, a quanto si dice, ha mangiato un topo e si fa chiamare. in inglese, “Topodelcazzo”. In un crescendo di disastrose rivelazioni, vien fuori che questo figlio, molto caratterizzato sul filo di un cliché di giovani attuali, intontiti dallo smartphone e dalla musica-rumore, nonché disinteressato ad ogni dialogo con i genitori, forse è figlio di quell’altro, dell’avventuretta sufficiente tuttavia a consentire il concepimento, e con il migliore amico di Michel, che puntualmente si presenta in casa dichiarando di amare ancora, dopo quei tanti anni, la sua antica amante.

Tutto questo aggrovigliarsi, molto astutamente tenuto in piedi da Zeller, mantiene Michel in un quasi perfetto stato di allegra indifferenza, determinato com’è a concedersi, appena possibile, l’ascolto del disco bramato. Quanto in altro tempo avrebbe potuto portare ad avvertire la tragedia incombere sulla propria esistenza, penalizzata dal tradimento della compagna di una vita, dalla scoperta di aver cresciuto il figlio di un altro – ma Michel è addirittura contento di non essere padre di “Topodelcazzo”-, dalla rivelazione che l’amicizia coltivata per un’intera esistenza con un amico è stata soltanto inganno, e aggiungiamoci anche la rovina della casa, praticamente arrivata al crollo partendo da una innocua rottura di un tubo dell’acqua, tutto questo – e non si può non essere d’accordo – suscita un clima di allegria incontenibile.

Gli attori reggono questa cifra di scrittura attraverso un’interpretazione adeguata: più sul genere boulevardier Massimo Ghini, anche regista, nel destreggiarsi fra disastri e rivelazioni, paure e suppliche, disconoscimenti felici e altrettanto felici riconoscimenti affettivi; più attingendo a una ronconiana capacità di esternare, sia pure in un clima sopra le righe, sentimenti e rimorsi, Galatea Ranzi.

Con una  stilizzazione tutta sua nel creare personaggi sul filo delle battute inventando un carattere, recita l’inappuntabile vicino di casa Claudio Bigagli, che con piacere avremmo visto in qualche scena in più. Marta Zoffoli dà piglio tragico alla sua amante pentita, pur ridimensionata dalle suppliche di Michel, mentre l’amico traditore è interpretato da Massimo Ciavarro subito colpito e sanguinante dall’indignato Michel.

C’è anche un finale che aggiunge una risata – maligna, certo, da parte di un pubblico complice dell’impossibilità attuale della tragedia -, ed è che quando Michel finalmente ascolta le prime note suonate dall’adorato clarinettista, sul disco piomba come meteora l’idraulico in uscita con un borsone di ferri del mestiere, e fa a pezzi quel disco dei suoi sogni.

Non sappiamo da chi siano interpretati il giovane Sébastien e l’idraulico portoghese, perché la compagnia non ha segnalato la corrispondenza fra attore e personaggio, bravi entrambi nei loro ruoli caricati.