MISERIA E NOBILTA’

 

di Eduardo Scarpetta

adattamento e regia di  Geppy Gleijeses

scene di Francesca Garofalo

costumi di Adele Bargilli

musiche di Matteo D’Amico

luci di Luigi Ascione

 

con Geppy Gleijeses, Lello Arena Marianella Bargilli

e

Antonietta D’Angelo Gina Perna Antonio Ferrante Gino De Luca Francesco De Rosa Jacopo Costantini Gigi De Luca Siulvia Zora Loredana Piedimonte Vincenzo Leto

 

Roma, Teatro Quirino dal 26 dicembre 2012 al 20 gennaio 2013

“Miseria e nobiltà ” è un parametro di comicità e politica insieme. Eduardo Scarpetta la scrisse nel 1887, interpretandola nel ruolo di don Felice Sciosciammocca, che aveva lui stesso costruito modificando antichi personaggi napoletani, dopo che lo stesso Petito, suo maestro, gli aveva scritto alcune farse in cui era protagonista il personaggio. E’ stato poi Eduardo De Filippo, figlio di Scarpetta, a interpretare questo ruolo, fissato attraverso la registrazione in tv. Totò impresse a Sciosciammocca qualche elemento in più nel dargli un estro non soltanto bizzarro e furbesco ma tirandone fuori un umoralità quasi diabolica nel suo astuto ironizzare sui ricchi e sui poveri, sulla intelligenza e sulla stupidità. Il film di cui Totò fu protagonista a cui seguirono altri film incentrati su Sciosciammocca confermò la vitalità del personaggio, ben al di là di una maschera confinata a un ruolo.  E’ insomma una felice circolarità di interpretazioni da parte di grandi interpreti napoletani ad aver creato e via via arricchito di vita questo personaggio più che maschera napoletana.

La storia è conosciuta e leggibile dappertutto online. Una famiglia di poveri accetta di sostenere il ruolo dei parenti di un giovane ricco innamorato di una ragazza il cui padre, un tempo cuoco e poi ereditiere di un ricco senza figli, vuole conoscere la sua nobile famiglia, che certo – sa il ragazzo – non vorrebbe quel suo matrimonio. Va da sé che il gioco, portato avanti con bella fantasia dal gruppo dei laceri rivestiti, si scopra ma al punto in cui ormai gli affetti fanno recedere le ritrosie, e i matrimoni, nuovi o rinnovati, alla fine sono addirittura tre. Celebre e indimenticabile, con tutte le varianti di ogni nuova rappresentazione, la scena in cui l’intera famiglia dei poveracci si getta su di una zuppiera colma di maccheroni portata sulla squallida tavola da un cuoco mandato dal giovane nobile impietosito dalla loro miseria.

E’ ora la volta di proporre un’altra versione da parte di Geppy Gleijeses, la cui caratteristica interpretativa per questo don Felice risiede in un impasto di classica capacità comica sostenuta da ritmi e gestualità pressocché burattineschi uniti a un linguaggio conciso, fortemente caratterizzato da forme sintetiche di origine dialettale ma rese comprensibili a un pubblico eterogeneo; ne emerge una recitazione straniata, echeggiante Karl Valentin e il suo kabarett, e del resto il teatro napoletano, se ripulito da smancerie incrostatevisi in epoca recente, è assai più epico di quanto lo si pensi.

Tutta l’impostazione dello spettacolo fa riferimento a una sorta di dimostrazione. E la dimostrazione qui è che i ricchi sono degli sciocchi e degli avari – ma non poi troppo, a consolazione dei poveri che sono poi la maggioranza degli spettatori -, mentre i poveri alla fine, dopo tanti patimenti, riescono a entrare anche loro nel mondo del benessere. Di questo mondo Geppy-Sciosciammocca dà un giudizio critico avanzando in ribalta, isolato dal resto della scena: è la società dei corrotti ad avere la meglio e a trarne guadagno, dice in sostanza l’attore guardando il pubblico negli occhi: quanto di più epico? Tutti gli attori partecipano di questo clima evidenziato, e vanno tutti apprezzati. Il loro entrare e uscire di scena con tranquilla disinvoltura aspettando via via il loro turno ai lati del palcoscenico, seduti sulle panche come a una prova, insiste sul tono dimostrativo di questa farsa che mantiene inalterata tutta la sua genuina freschezza, fatta di meccanismi perfetti, di equivoci insospettati – o quasi, ormai, per noi che li conosciamo ma godiamo di rivederli -, di fortunose agnizioni. Brecht e Scarpetta si tengono per mano e Gleijeses li tiene tutti e due.