Una bellissima prova di attore e di regista emerge da “Riccardo III” di Shakespeare messo in scena e interpretato nel suo protagonista da Massimo Ranieri.
COOPERATIVA TEATRO GHIONE
MASSIMO RANIERI
Regia di MASSIMO RANIERI
musiche originali Ennio Morricone traduzione e adattamento Masolino d’Amico
scene Lorenzo Cutuli
costumi Nanà Cecchi
light designer Maurizio Fabretti direzione tecnica Marco Pupin
PERSONAGGI ED INTERPRETI
RE EDOARDO IV ROBERTO VANDELLI
LADY ANNA,VEDOVA DI EDOARDO, FIGLIO DI ENRICO VI, POI SPOSA DI RICCARDO III GAIA BASSI
GIORGIO, DUCA DI CLARENCE MASSIMO CIMAGLIA
SIR WILLIAM CATESBY ROBERTO BANI
RICCARDO, DUCA DI GLOUCESTER, POI RE RICCARDO III MASSIMO RANIERI
IL CONTE DI RIVERS, FRATELLO DI ELISABETTA LUIGI PISANI
IL DUCA DI BUCKINGHAM PAOLO LORIMER
LORD GREY, FRATELLO DI ELISABETTA ANTONIO SPERANZA
LA DUCHESSA DI YORK, MADRE DI EDOARDO IV, DI CLARENCE E DI RICCARDO III CARLA CASSOLA
SIR RICHARD RATCLIFFE MARCO MANCA
LA REGINA MARGHERITA, VEDOVA DI ENRICO VI MARGHERITA DI RAUSO
IL SINDACO DI LONDRA ROBERTO VANDELLI
LORD HASTINGS PAOLO GIOVANNUCCI
ENRICO, CONTE DI RICHMOND LUIGI PISANI
LA REGINA ELISABETTA, MOGLIE DI RE EDOARDO IV GIORGIA SALARI
SICARIO MARCO MANCA
LORD STANLEY ANTONIO RAMPINO
JAMES TYRREL SICARIO MARIO SCERBO
Maricla Boggio
Una bellissima prova di attore e di regista emerge da “Riccardo III” di Shakespeare messo in scena e interpretato nel suo protagonista da Massimo Ranieri. Cantante celebre dalle caratteristiche personalissime, e attore indimenticato in cinema e attivo in teatro, specie in spettacoli diretti da Maurizio Scaparro, Ranieri ha affrontato con umiltà un testo fra i più difficili della drammaturgia shakespeariana, intriso com’è di personaggi dell’aristocrazia inglese, che nella famosa guerra delle Due Rose, fra i Lancaster e gli York, hanno portato avanti per decenni l’odio e lo sterminio fra le due fazioni, fino alla sconfitta del duca di Glocester, divenuto Riccardo III, e alla riappacificazione attraverso il conte di Richmond che sarà poi Enrico VII. In una sua lettura nitidamente votata alla comprensione della parola, scevra da ideuzze registiche – come purtroppo i classici devono sopportare da ambiziosi quanto sciocchi adattatori -, Ranieri ha individuato nell’ambizioso Riccardo il culmine della sete del potere, e ne ha fatto un personaggio in sostanza attore di questa ambizione, uno insomma che si è imposto un ruolo nel mondo e lo esercita fino in fondo, costringendo gli altri a interpretare i loro ruoli in una sorta di coinvolgente soggiacenza a lui.
In questa dimensione di inarrestabile ambizione a scalare i gradini del potere eliminando ogni avversario per raggiungere la vetta, l’attore-Riccardo travalica la dimensione dell’umano e si fa metafora del potere stesso. In questa unidimensionalità dove la coscienza scompare e ogni dubbio morale non trova posto in una concezione manicheistica del mondo, Ranieri ha calato espressivamente le sue scelte estetiche di regista e di interprete. Bianco e nero – anche qui il manicheismo – per abiti e scena – funzionale e di gusto, veloci cambi, qualche velluto a dare una pennellata di colore sul grigio fumé del tutto, a firma di Lorenzo Cutuli -; scene scandite a colpi di maglio dalle sonorità nuove di Ennio Morricone, che ha intuito le necessità di questa regia vantaggiosamente sacrificando i suoi splendidi commenti da film; i costumi di Nanà Cecchi, coerenti al discorso bianco e nero in un attuale stile altoborghese per gli uomini, mentre per le regine gli abiti sontuosi dai colori pastello richiamano l’epoca storica; la successione delle scene – si legga la traduzione di Masolino D’Amico chiara e moderna senza eccessi – che si sviluppa in una scansione nitida di stampo epico. Soprattutto va detto che l’interpretazione di Ranieri impone una forza trascinante all’insieme, come se il vento del destino determinasse l’ineluttabile corso degli eventi. Ed è Ranieri, quando entra in scena con piglio incontrastato, a dare questa impressione di forza ineluttabile, di grande tragedia che esemplifica nella volontà di potere la sua prevedibile fine. Gli attori – quattordici oltre al protagonista – hanno seguito lo stile proposto da Ranieri, l’ordine deciso, le parole scandite al comando della storia: come nominarli tutti? Superbe le regine, fra cui spicca la regina Margherita di Margherita Di Rauso violenta e altera, e la duchessa di York di Carla Cassola regale e sprezzante; lo sciagurato duca di Buckingham di Paolo Lorimer, il duplice impegno di Paolo Vandelli, sofferente Edoardo e querule Sindaco di Londra, e il lord Stanley di Antonio Rampino che da fedele di Riccardo si fa alleato del Richmond futuro vincitore.
Con un colpo che ha il senso di una drammaturgia tranchante, Massimo Ranieri fa terminare la tragedia dopo la battuta, famosa, “Il mio regno per un cavallo!”: raggimotolato sul pavimento del campo di battaglia, nuda terra di morte, il volto nascosto, sembra subire l’annientamento attraverso il chiudersi su di lui delle due parti della scena, quasi sipario di ferro di antica memoria strehleriana – nei “Giganti” stritolava scendendo la carretta dei Comici – ; ma al tocco di quelle rialza il capo in un irrinunciabile moto di orgoglio, rifiutando la ghigliottina: davvero un’intuizione geniale.