TANGO GLACIALE RELOADED (1982-2019)

tango glaciale reloaded

progetto, scene e regia Mario Martone

riallestimento a cura di Raffaele Di Florio e Anna Redi

elaborazioni videografiche Alessandro Papa

con Jozef Giura, Giulia Odetto, Filippo Porro

interventi pittorici/design Lino Fiorito

ambientazioni grafiche / cartoons Daniele Bigliardo

parti cinematografiche/aiuto regia Angelo Curti, Pasquale Mari

elaborazione della colonna sonora Daghi Rondanini

costumi Ernesto Esposito

Roma, Teatro India, 5 aprile 2029

Maricla Boggio

“Tango glaciale” ricordo di averlo visto in quel lontano 1982. E seppure non possa averne oggi mantenuto adesione visiva e narrativa, ne provai una certa sollecitazione, di novità, di energie che tentavano strade diverse dal teatro di allora, per una sorta di provocazione a vedere il mondo in maniera più libera, specie per quanto riguardava i giovani, le loro aspettative, in ultima istanza quella libertà che avevano creduto di trovare nel Sessantotto, e che altri giovani, di una quindicina di anni dopo, andava ricercando.

Quella strada si è diffusa in mille rivoli di esperimenti, in cui quello che pensavano fosse teatro si mescolava ad altre forme espressive, di danza, di mimica, di sonorità, immagini prevaricanti il testo e così via.

Martone, che aveva dato quell’impulso provocatorio iniziale insieme ai suoi compagni di allora, ciascuno poi approdato a propri scelte e successi, si è poi diretto, a quanto abbiamo visto dei tanti suoi spettacoli, a testi solidamente strutturati – “La morte di Danton” di Buchner, fra questi – o a sue rielaborazioni che partivano da testi letterari, filosofici, poetici – Leopardi fra i suoi preferiti, sia in teatro con le storie dallo Zibaldone, sia in cinema con “Il giovane favoloso” – e così via.

Certo quell’operazione “glaciale” fu una scossa, e anche un gioco.

Adesso è rimembranza, trasformata attraverso il tempo e le nuove tecnologie, in un prodotto di estrema raffinatezza visiva e sonora. Le dodici stanze dell’appartamento in cui il ragazzo smaterializza in immagini e suoni i suoi sogni di adolescente conquistato dai fumetti, dalle avventure, dal cinema, si sviluppano una dall’altra in una magia di avvicendamenti che ingannano l’occhio tanto sono immediati e perfetti.

In ognuna delle stanze succedono magie, trasfigurazioni che vengono vissute da due ragazzi e una ragazza in una dimensione figurativa assai vicina alla danza meccanica, dove i tre gareggiano nel sopraffarsi in perfezione tecnica nei movimenti ritmati in sintonia o a contrasto l’uno dagli altri.

Si osserva e si ammira, non si condivide tuttavia perché tutto è, come dice il titolo, “glaciale” e non è nell’intento dei riallestitori creare condivisione, ma certo ammirazione.

C’è tuttavia in alcune “stanze” la dimensione del divertimento: quando uno dei ragazzi introduce un aspirapolvere di tipo avveniristico e poi inizia a ballare un tango, che diventa a due con l’arrivo del secondo ragazzo, mentre la ragazza a sua volta danzerà, da sola, il suo tango glaciale attaccata al suo aspirapolvere.

C’è un momento che introduce un qualche forma di sentimento; mentre uno dei ragazzi riesce ad afferrare un sassofono che pende tentatore dal soffitto e finalmente lo tiene fra le braccia e lo suona, ecco che la coppia del ragazzo e della ragazza, in quell’accenno che sa di Gershwin di “Un americano a Parigi” si liberano dei pesanti impermeabili che li rendono anonimi manichini e in maglietta e cappelluccio iniziano sensualmente a ballare. Ed è giusto citare come interpreti fedelissimi al dettato della regia i tre giovani – Jozef Giura, Giulia Odetto, Filippo Porro – che ai comandi perentori di un cambio di luce o di suono mutano movimenti, si irrigidiscono o si stemperano in giravolte da capogiro, talvolta esprimendosi in linguaggi perentori quanto incomprensibili, sempre marcati, intimidatori, inaccessibili.

Se questo “Tango glaciale” è definito “ricaricato” – reloaded”, a noi pare rielaborato, per ragazzi di oggi e addirittura futuri; se la ricostruzione fosse stata nel segno di trentacinque anni fa, sarebbe stata una riesumazione; così c’è il senso di un divenire che suggerisce immagini iperrealistiche, suoni  ultrasonori, e soprattutto una notevole volontà di suggerire nuovi traguardi alle forme della rappresentazione.

Superespressività, nel segno di una gran voglia di giocare, a dispetto dei fantasmi che stanno in agguato, nelle stanze di questa casa di magie, fra pistole puntate, lotte notturne e cucine supertecniche, mentre alla fine una grande luna si avvicina e stelle gigantesche invadono la scena.